Oneri di committenza: l’ultimo comunicato del Presidente ANAC

Con il comunicato del Presidente ANAC del 9 giugno u.s., l’Autorità è tornata ad occuparsi delle clausole della legge di gara che impongono ai concorrenti di corrispondere – in caso di aggiudicazione – i cd “oneri di committenza” ai prestatori di servizi di committenza ausiliari, dei quali le Stazioni appaltanti si siano servite per l’espletamento delle gare.

L’ANAC, dopo aver premesso che l’assunzione dell’obbligo in parola è imposta quale condizione di partecipazione alla gara, ha altresì riscontrato che, spesso, la stipula dello stesso contratto di appalto è addirittura subordinata all’effettivo pagamento da parte dell’aggiudicatario del relativo compenso, talvolta – peraltro – di entità niente affatto trascurabile.  

Nel merito, poi, l’Autorità ha ricordato l’illegittimità di tali clausole, più volte dichiarata sia dalla giurisprudenza amministrativa (ex multis, Consiglio di Stato St., sez. V, sent. 6 maggio 2021, n. 3538; Consiglio di Stato, sez. V, sent. 3 novembre 2020, n. 6787), che dall’Autorità (si vedano, da ultimo, le delibere ANAC n. 129/2021 e n. 202/2021).

Ciò, per via dell’effetto restrittivo della concorrenza causato dall’imposizione degli oneri in discorso, in quanto inducono gli operatori economici a non partecipare alle gare, con violazione dell’art. 30, comma 1, del d.lgs. 50/2016 che, al contrario, in un’ottica pro-concorrenziale, sancisce il principio di massima partecipazione.

Inoltre – ha ancora rilevato l’ANAC – simile meccanismo impone una prestazione economica all’aggiudicatario in assenza di un’espressa previsione di legge, in chiaro contrasto con il disposto dell’art. 23 della Costituzione (che, per ogni tipo di imposizione patrimoniale, richiede la riserva di legge), riversando a carico del privato il corrispettivo per una prestazione (quella dei servizi di committenza ausiliari), di cui si avvale la sola Stazione appaltante.

La prestazione in parola, poi, non trova fondamento neppure nell’art.16-bis del R.D. n. 2440/1923 (secondo cui “le spese di copia, stampa, carta bollata e tutte le altre inerenti ai contratti sono a carico dei contraenti con l’amministrazione dello Stato”), che riguarda solo le spese connesse alla stipulazione del contratto.

Peraltro, i suddetti rilievi sono stati già condivisi dalla recentissima giurisprudenza amministrativa, pure richiamata dal provvedimento dell’ANAC.

Infatti, con la sentenza n. 3538 del 6 maggio 2021, la V sezione del Consiglio di Stato (in riforma della sentenza di primo grado del TAR Campania, su impugnazione diretta proprio dell’ANAC) ha annullato una gara indetta dal Comune di Vairano Patenora (CE) e gestita da ASMEL Consortile s.c. a r.l. (quest’ultima “quale centrale di committenza ausiiaria con il compito di gestire le varie fasi della procedura mediante piattaforma telematica”), nell’ambito della quale era stata inserita la clausola in discorso.

Tra le diverse censure accolte, i massimi Giudici amministrativi hanno quindi rilevato che tale clausola, “imponendo al concorrente di impegnarsi, a pena di esclusione, a corrispondere una somma a titolo di corrispettivo per le attività di committenza (…), operava una restrizione della concorrenza, poiché è evidente che, in forza di tale previsione, il corrispettivo contrattuale sarebbe risultato, sia pure indirettamente, decurtato della predetta somma e sarebbe stato ben possibile che (…) il servizio da prestare potesse risultare in prospettiva non più remunerativo (o non adeguatamente remunerativo) e così indurre un operatore economico a non prendere parte alla procedura”.

Al riguardo – hanno ricordato i Giudici – il principio di massima partecipazione è espressamente previsto dall’art. 30, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, come “Grundnorm che permea di sé l’intera disciplina dei contratti pubblici e le singole regole che la compongono”.

Inoltre, il Supremo Consesso ha pure confermato che la clausola in parola è illegittima anche per altre ragioni: perché contrasta con l’art. 41, comma 2 bis, del Codice dei contratti pubblici (che prevede il divieto di “di porre a carico di concorrenti, nonché dell’aggiudicatario, eventuali costi connessi alla gestione delle piattaforme di cui all’articolo 58”, ossia delle piattaforme telematiche di negoziazione) nonché con l’art. 23 della Costituzione, dal momento che comporta l’imposizione di una prestazione a carico del privato in assenza di previa disposizione di legge.

Dunque,  secondo il Consiglio di Stato, del costo dei servizi erogati alla Stazione appaltante avrebbe dovuto farsi carico la stessa Amministrazione, “che ne beneficiava direttamente: la clausola che prevedeva che fosse l’aggiudicatario a remunerare la centrale di committenza in misura percentuale rispetto all’importo a base di gara aveva, dunque, l’effetto di traslare il peso economico del servizio dall’amministrazione al privato”.

Tornando, al provvedimento ANAC, l’Autorità ha infine rammentato che i servizi di committenza ausiliari che possono essere affidati a privati – scelti esclusivamente sulla base di una selezione pubblica ai sensi dello stesso Codice dei contratti – possono essere (ex art. 3, comma 1, lett. m, e 39, comma 2, del Codice) soltanto i seguenti:

  1. messa a disposizione di infrastrutture tecniche che consentano alle stazioni appaltanti di aggiudicare appalti pubblici o di concludere accordi quadro per lavori, forniture o servizi;
  2. consulenza sullo svolgimento o sulla progettazione delle procedure di appalto;
  3. preparazione delle procedure di appalto in nome e per conto della stazione appaltante interessata.

Al contrario, come prescritto dall’art. 39, comma 2, del Codice dei contratti, l’attività di gestione delle procedure di appalto in nome e per conto della Stazione appaltante interessata (pure costituente servizio di committenza ausiliario ai sensi del predetto art. 3) non può essere affidato a privati, ma, tuttalpiù, alle Centrali di committenza.

In conclusione, al fine di prevenire possibili contenziosi, l’Autorità ha espressamente invitato le Stazioni appaltanti, che si avvalgano di prestatori di servizi di committenza ausiliari per l’espletamento delle procedure di aggiudicazione, a non prevedere nella documentazione di gara clausole che impongano agli aggiudicatari oneri di committenza evidentemente illegittimi, come – a più riprese – sostenuto da ANCE.

In allegato il comunicato e la sentenza in commento.

 

Comunicato ANAC 09.06.2021 pdf

Consiglio di Stato - sent. n. 3538.2021 pdf