Diritti edificatori: quando e come trasferirli

Il modello di proprietà privata delineato dal codice civile e dalla legge urbanistica nazionale n. 1150/1942, tuttora vigente, si basa sulla possibilità che i piani urbanistici comunali riconoscano agli immobili (aree o fabbricati) la facoltà di edificare una certa quantità di metri cubi di volumetria o di metri quadrati di superficie, previa autorizzazione del Comune (ora denominata permesso di costruire) che ne riconosce la conformità alle previsioni del piano. Il diritto edificatorio è identificato quindi come una quantità di volumetria o superficie attribuita dall’amministrazione locale a un determinato fondo che può essere utilizzata per la realizzazione di uno o più fabbricati ovvero, ad alcune condizioni, può essere ceduta ad un altro soggetto. L’Ance – attraverso la redazione di alcune FAQ – fornisce indicazioni per la cessione dei diritti edificatori, evidenziando le condizioni richieste dalla normativa statale, regionale e comunale.

I diritti edificatori possono essere ceduti?

Da tempo nella prassi negoziale sono diffusi accordi tra privati, noti come “cessioni di cubatura” o “asservimenti di terreni a scopo edificatorio”, con i quali il proprietario di un’area cede tutta o parte della potenzialità edificatoria generata da essa ad un altro soggetto, proprietario di un fondo vicino. Quest’ultimo, incrementando la capacità edificatoria del proprio terreno, può così ottenere dal Comune un permesso di costruire che gli consenta di edificare sfruttando la cubatura acquisita in aggiunta a quella naturalmente espressa dal proprio fondo.

La giurisprudenza ne ha riconosciuto la possibilità, a condizione che:

- i fondi siano ubicati nella stessa zona omogenea così da avere la stessa destinazione urbanistica e normativa di attuazione;

-  i fondi siano contigui o vicini così che la ridistribuzione della volumetria tra i due non determini una alterazione del carico urbanistico della zona e non modifichi la densità territoriale complessiva (vedi di recente la sentenza della Corte di Cassazione, penale, sez. III, 22 ottobre 2019, n. 43253 e il TAR Sicilia, Catania, 24 marzo 2020, n. 724).

I diritti edificatori possono essere commercializzati?

I sistemi di pianificazione urbanistica delineati dalle più recenti leggi regionali si basano su tecniche di perequazione, compensazione e incentivazione che prevedono la possibilità di far circolare i diritti edificatori tra fondi diversi all’interno del medesimo comune. In questi casi i diritti edificatori (spesso denominati “crediti edilizi” se derivanti da interventi di demolizione senza ricostruzione e/o rinaturalizzazione del terreno, ecc.) possono essere commercializzati, più o meno liberamente, secondo le prescrizioni dettate dalle normative regionali ed anche locali. In tutti i casi comunque sono individuabili tre fasi:

  • la prima in cui il diritto edificatorio viene scorporato, attraverso la cessione ad un terzo, dalla proprietà del suolo al quale il piano urbanistico lo ha riconosciuto (cd. decollo);
  • la seconda in cui il diritto ceduto è in attesa di essere ricollocato su altra area del territorio comunale e può essere oggetto di ulteriori passaggi di proprietà (cd. volo);
  • la terza in cui l’acquirente decide di utilizzarli su un fondo di sua proprietà per realizzare un intervento edilizio (cd. atterraggio).

Alcune regioni (Lombardia, Liguria, Veneto, Puglia, Umbria, Prov. aut. Trento) hanno anche previsto la costituzione a livello comunale di registri dei diritti edificatori nei quali devono essere iscritti gli atti di cessione al fine di monitorare meglio i diversi passaggi di proprietà. Nell’ambito di tali registri devono essere generalmente annotati i dati catastali dell’area di decollo, i caratteri dei diritti edificatori, gli estremi dell’atto di cessione, i dati catastali dell’area di atterraggio e gli estremi del titolo edilizio attraverso cui vengono utilizzati (vedi, ad esempio, la Determinazione della Giunta comunale di Milano n. 890 del 10/05/2013 con cui è stato istituito il relativo Registro delle cessioni dei diritti edificatori).

 I contratti di cessione di diritti edificatori si trascrivono?

Sì, l’art. 2643, n. 2-bis del codice civile (inserito dall’art. 5 del decreto legge 70/2011 convertito dalla Legge 106/2011) prevede l’obbligo di trascrizione nei registri immobiliari dei “contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale”. Ciò al fine di garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori, tramite, la pubblicità del trasferimento.

Esiste un criterio univoco di determinazione del valore dei diritti edificatori oggetto di cessione?

Per la determinazione del valore dei diritti edificatori non esistono modalità unitarie e consolidate e generalmente il criterio di valutazione è in relazione alla differenza tra il valore di mercato attuale dell’edificio/area e quello che acquisterebbe con l’aumento della potenzialità edificatoria. Le metodologie finalizzate alla valutazione si basano su perizie di stima che tengono conto delle quotazioni immobiliari OMI.

Posso costituire una ipoteca sui diritti edificatori?

L’art. 2810 del codice civile stabilisce che l’ipoteca – diritto concesso dal debitore al creditore, a garanzia di un credito, di espropriare un bene e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato – può essere costituita su un immobile (area o fabbricato) o su diritti di usufrutto, superficie, enfiteusi relativi ad immobili.

I diritti edificatori, pertanto, non essendo inclusi tra i diritti ipotecabili di cui all’art. 2810 c.c., non possono essere oggetto di ipoteca in via autonoma rispetto all’immobile a cui sono riconosciuti.

Cosa succede ai diritti edificatori se viene costituita una ipoteca sull’area/fabbricato a cui sono riconosciuti?

In base all’art. 2811 del codice civile l’ipoteca si estende “ai miglioramenti, nonché alle costruzioni e alle altre accessioni. dell’immobile ipotecato” e pertanto sembrerebbe doversi affermare, come evidenziato dalla dottrina notarile, che l’ipoteca costituita su un immobile gravi anche sui diritti edificatori riconosciuti ad esso dal piano urbanistico generale o attuativo. In questi casi, al fine di poter cedere liberamente i diritti edificatori, sembrerebbe opportuno in sede di costituzione dell’ipoteca inserire una clausola che ne preveda espressamente l’esclusione.

Un discorso diverso sembra potersi fare per i diritti edificatori riconosciuti non dallo strumento urbanistico comunale in via ordinaria, ma da normative regionali, sopravvenute e a carattere straordinario, come ad esempio i Piani casa nati dall’Accordo Stato-Regioni del 2009.

In questi casi si ritiene che, in presenza di una precedente ipoteca sull’immobile, l’eventuale cessione degli “incentivi premiali” riconosciuti dalla legge regionale, non determinando una riduzione del valore dell’immobile e di conseguenza di quello dell’ipoteca, possa avvenire liberamente anche in assenza di una clausola di esclusione.