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Urbanistica territorio e ambiente

Con il Dl Aiuti sarà più semplice demolire e ricostruire nelle aree vincolate

Sono in vigore dal 16 luglio scorso le nuove disposizioni che modificano le norme contenute nel Dpr 380/2001 “Testo Unico Edilizia” (art. 3, comma 1, lettera d) e art. 10, comma 1, lettera c) in tema di classificazione degli interventi di demolizione e ricostruzione e di ripristino di edifici crollati o demoliti nell’ambito della ristrutturazione edilizia qualora riguardanti gli immobili soggetti a tutela ai sensi del D.lgs. 42/2004.

Grazie all’intensa azione di sensibilizzazione da parte dell’ANCE è ora possibile eseguire come ristrutturazione edilizia “pesante” (e non più come nuova costruzione) – previa presentazione del Permesso di costruire o della SCIA in alternativa al Permesso di costruire – gli interventi demo-ricostruttivi o di ripristino con diverse caratteristiche (sagoma, prospetti, sedime, volume ecc.) sugli immobili ricadenti nelle aree vincolate mediante decreto o piano paesaggistico regionale di cui all’art. 136, comma 1, lett. c) e d) del D.lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio” e cioè:

–           i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici (lettera c); 

–           le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze (lettera d).

Le modifiche al Testo Unico Edilizia sono state introdotte dal comma 1-ter dell’articolo 14 del Decreto Legge 17 maggio 2022, n. 50, cd. “Decreto aiuti”, come inserito dalla legge di conversione 15 luglio 2022, n. 91 (G.U. n. 164 del 15 luglio 2022).

L’esclusione di queste tipologie di immobili si affianca a quella già prevista di recente dal Decreto Legge 17/2022, cd. “Decreto energia” per gli edifici ricadenti nelle aree soggette a vincolo paesaggistico per legge ai sensi dell’articolo 142 del D.lgs. 42/2004, cd. aree ex Galasso. 

Si ricorda che le modifiche del DL 50/2022 e del DL 17/2022 intervengono a risolvere, seppure non in modo definitivo come auspicato e proposto dall’Ance, la questione sorta con il Decreto Legge 76/2020 che, modificando proprio gli artt. 3 e 10 del Dpr 380/2001, ha introdotto norme estremamente restrittive per gli interventi di demolizione e ricostruzione e di rispristino degli edifici crollati o demoliti qualora riguardanti immobili soggetti a tutela ai sensi del D.lgs. 42/2004 e quelli ubicati nei centri storici. 

In particolare, a seguito del DL 76/2020, questi interventi rientrano nella ristrutturazione edilizia solo se “fedelissimi” e cioè senza alcuna modifica dei parametri edilizi (sagoma, sedime, prospetti, ecc.). Viceversa, in presenza di modifiche anche ad uno solo dei parametri, la demolizione e ricostruzione di questi immobili rientra nella “nuova costruzione”, con tutte le difficoltà connesse alla mancata previsione nei piani urbanistici di tale categoria di intervento, all’aggravio dell’onerosità e all’impossibilità di usufruire di numerosi incentivi fiscali attualmente previsti per l’efficientamento energetico e il miglioramento sismico.

In allegato

–        la nota tecnica ANCE sulle novità del DL 50/2022 in materia di demolizione e ricostruzione degli immobili vincolati

–        gli articoli 3, comma 1, lett. d) e 10, comma 1, lett. c) del Dpr 380/2001, come modificati dall’art. 14, comma 1-ter del Decreto Legge 50/2022 (inserito dalla Legge di conversione 91/2022)

Anche la Sicilia adotta il Regolamento Edilizio Tipo

La Regione Sicilia si unisce alle Regioni che hanno dato seguito all’Intesa per l’adozione del regolamento edilizio tipo.

Con la Deliberazione del 20 aprile 2022, n. 223, la Regione, infatti, ha adottato il Regolamento Tipo Edilizio Unico, predisposto ai sensi dell’art. 2 della legge regionale 10 agosto 2016, n. 16.

Tale Regolamento è finalizzato ad uniformare, in tutto il territorio regionale, i vari regolamenti edilizi comunali, in modo tale che abbiano principi generali fondati su un insieme di definizioni uniformi, di procedure e modalità comuni ed omogenee di attuazione dell’attività edilizia.

La Regione ha specificato che resta salva in ogni caso la facoltà dei Comuni, entro 120 giorni dalla data di pubblicazione del decreto di approvazione del Regolamento stesso (DP 531/GAB del 20 maggio 2022, pubblicato in GURS Suppl. Ord. 3 giugno 2021, n. 26), di adottare eventuali integrazioni al fine di adattare il Regolamento Tipo alle specifiche caratteristiche locali.

Anche le Marche che aveva già, con la legge regionale del 3 maggio 2018, n. 8, recepito lo schema di regolamento edilizio tipo in attuazione dell’Intesa tra il Governo, le Regioni e i Comuni, raggiunta in sede di Conferenza unificata in data 20 ottobre 2016 ai sensi dell’art. 4 comma 1-sexies D.P.R. 380/2001, è intervenuta nuovamente adottando lo schema di Regolamento edilizio tipo con l’obiettivo di fornire ai Comuni un quadro di riferimento per la redazione di tale atto (Deliberazione della Giunta regionale del 12 luglio 2021, n. 873).

Risultano invece ancora assenti dal recepimento del Regolamento edilizio tipo l’Umbria e tra le Regioni a Statuto Speciale, il Friuli Venezia Giulia e la Valle D’Aosta.            
La Sardegna, invece, con legge regionale dell’11 gennaio 2019, n. 1 (integrando l’articolo 5 della legge regionale n. 45 del 1989) ha previsto che la Regione approvi una direttiva sul Regolamento edilizio unico, contenente le definizioni tecniche uniformi e le altre disposizioni aventi incidenza sull'attività urbanistico-edilizia da uniformare a livello regionale. Allo stato attuale, tuttavia, tale direttiva non risulta emanata.

Si evidenzia inoltre che la Provincia Autonoma di Bolzano con la DGP n. 301 del 30 marzo 2021 ha approvato il regolamento edilizio tipo mentre Trento non ha ancora dato seguito all’Intesa del 2016.

Queste novità e tutti gli aggiornamenti sulle altre Regioni sono consultabili nel Dossier “Regolamento Edilizio Tipo”.

Allegato
Regolamento_edilizio___Dossier_aggiornato_-_giugno_2022

Tutte le regole per i cambi di destinazione d’uso

Quale titolo edilizio serve per cambiare la destinazione d’uso di un immobile? Quando un cambio è da ritenere “rilevante” ai fini urbanistici ed edilizi?

A queste e ad altre domande risponde il Dossier Ance “Le leggi regionali sui cambi di destinazione d’uso”.

Obiettivo del lavoro è fare il punto su un tema di rilevante importanza che trova in ambito regionale regole differenti.

La disciplina del cambio di destinazione d’uso è contenuta nel DPR 380/2001 (Tu edilizia) e nell’Allegato A del Dlgs 222/2016 ed in particolare:

– Art. 10 comma 2 DPR 380/2001 che demanda alle Regioni di stabilire quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività;

– Art. 10 comma 1 lett. c)  D.P.R. 380/2001 che prevede il permesso di costruire per gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino il mutamento di destinazione d’uso nelle zone omogenee A (centri storici);

– Art. 3 comma 1 lett. c) D.P.R. 380/2001 che contiene la definizione di “interventi di restauro e di risanamento conservativo” (come modificata dal Decreto Legge 50/2017) in base alla quale sono consentiti i cambi di destinazioni d’uso purché siano compatibili “con gli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi ”;

– Art. 3 comma 1 lett. b) D.P.R. 380/2001 che contiene la definizione di “interventi di manutenzione straordinaria” (come modificata dall’art. 10 del Decreto Legge 76/2020). In particolare la manutenzione straordinaria ora ricomprende anche i cambi di destinazione d’uso purché “non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti implicanti incremento del carico urbanistico”;

– Art. 23ter DPR 380/2001 che ha identificato le categorie funzionali delle destinazioni d’uso che determinano un diverso carico urbanistico (residenziale; turistico- ricettiva; produttiva e direzionale; commerciale; rurale) e ha stabilito il principio in base al quale, salvo diversa previsione da parte delle leggi regionali, è “rilevante” il mutamento d’uso che comporti il passaggio da una categoria funzionale all’altra tra quelle indicate indipendentemente dal fatto se la modifica avvenga con o senza opere. Se, invece, il mutamento si attua nell’ambito della stessa categoria funzionale il comma 3 dell’articolo 23ter dispone che tale modifica “è sempre consentita” fatta salva una diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali; 

– Allegato A del Dlgs 222/2016 che ha operato una mappatura degli interventi edilizi individuando il relativo il regime amministrativo applicabile con l’indicazione della procedura e dei riferimenti normativi. La tabella non riporta tuttavia le modifiche che sono state approvate nel 2017 e  nel 2020 rispettivamente alle categorie di intervento del restauro e della manutenzione straordinaria sui cambi d’uso. La stessa, pertanto, deve essere letta tenendo conto delle novità sopravvenute.

Il panorama legislativo regionale alla luce dei principi statali introdotti ed, in particolare, dell’articolo 23ter del Dpr 380/2001 è abbastanza diversificato:

– Abruzzo, Calabria, Lazio, Liguria, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Sardegna, Sicilia, Veneto hanno recepito le indicazioni stabilite a livello statale (in alcuni casi con delle modifiche);

– Emilia Romagna e Lombardia, già dotate di una disciplina di dettaglio sui cambi di destinazione d’uso, con Circolari hanno ribadito la non applicazione dell’articolo 23ter del Dpr 380/2001;

– Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Marche, Molise, Valle d’Aosta, , Prov. Autonoma Bolzano, Prov. Autonoma Trento non hanno formalmente recepito le indicazioni statali e risultano dotate per alcuni aspetti di una specifica normativa regionale.

Il Dossier nell’evidenziare tali aspetti fornisce un focus delle normative regionali sui cambi di destinazione d’uso distinguendo per ogni regione :

– Destinazioni d’uso (classificazione e categorie funzionali);

– Mutamento d’uso (rilevante e non rilevante);

– Titolo edilizio;

– Oneri/monetizzazione standard urbanistici.

In allegato: Il Dossier

“Le leggi regionali sui cambi di destinazione d’uso” aggiornato al 9 febbraio 2022

Albo gestori ambientali: prorogata la validità delle iscrizioni

Il Comitato nazionale dell’Albo gestori ambientali, con la circolare n. 16 del 2021, ha chiarito che le iscrizioni in scadenza nell’arco temporale compreso tra il 31 gennaio 2020 e il 31 marzo 2022 conservano la loro validità fino al 29 giugno 2022, ferma restando l’efficacia dei rinnovi deliberati nel periodo suddetto.

La validità delle iscrizioni in scadenza è stata prolungata in virtù dell’art. 103, comma 2, l. n. 27 del 2020, a tenore del quale «Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza». 

Si ricorda che il decreto-legge 24 dicembre 2021 n. 221 ha ulteriormente prorogato al 31 marzo 2022 lo stato di emergenza nazionale da Covid-19.

Nella circolare si precisa tuttavia che per l’esercizio legittimo dell’attività oggetto dell’iscrizione l’impresa deve:  

a) rispettare le condizioni ed essere in possesso di tutti i requisiti previsti; l’accertata inosservanza può infatti dare luogo all’apertura di procedimenti disciplinari e all’applicazione di sanzioni;

b) prestare, per i casi previsti (iscrizioni nelle categorie 1, relativamente alla raccolta e trasporto dei rifiuti urbani pericolosi, 5, 8, 9 e 10), apposita fideiussione, o appendice alla fideiussione già prestata, a copertura del periodo intercorrente tra la data di scadenza dell’iscrizione e quella del 29 giugno 2022;

c) comunicare le variazioni dell’iscrizione.

Le imprese possono verificare la scadenza dell’iscrizione all’interno della propria area riservata sul sito web www.albonazionalegestoriambientali.it

1 allegato

Circ_16_30-12-2021747 pdf

Piani urbanistici: modelli a confronto

La normativa urbanistica nazionale tuttora vigente (Legge 1150/1942) attribuisce ai Comuni il potere di approvare il Piano Regolatore Generale, uno strumento caratterizzato da forte rigidità e durata indeterminata. Successivamente con il DPR 8/1972 e il DPR 616/1977 vi è stato il trasferimento delle funzioni in materia urbanistica alle Regioni, che hanno iniziato a legiferare in materia.

Da circa 20 anni, per garantire maggiore flessibilità alla gestione del territorio, le Regioni si sono dotate di piani urbanistici composti da due atti:

  • il piano strutturale/programmatico, finalizzato ad individuare gli obiettivi di medio-lungo periodo del territorio comunale;
  • il piano operativo ossia conformativo della proprietà immobiliare, a validità quinquennale.

Si assiste ora all'inizio di una terza fase regolatoria (vedi LR Emilia Romagna 24/2017), in cui vi è il ritorno ad un piano unico e dai contenuti semplici: obiettivi, regole per il patrimonio edilizio esistente nell'ottica della rigenerazione, quelle per il territorio rurale, dotazioni territoriali differenziate per la città costruita e per quella eventualmente da costruire.

In una realtà dominata dalla globalizzazione e dai continui mutamenti economici e sociali, vi è l'esigenza di dare vita a piani flessibili, in grado di accogliere con celerità le nuove richieste o, addirittura, a piani in grado di anticipare le opportunità. Servono strumenti dotati di una maggiore apertura ai privati e al mercato.

L'Ance ha aggiornato (8 novembre 2019) il dossier che fa il punto sulle diverse tipologie di strumenti urbanistici previsti dalle leggi regionali in materia di governo del territorio, analizzando in particolare la durata del piano, la previsione e la durata dei diritti edificatori e le modalità attuative.

Ne emerge un quadro piuttosto variegato in cui, a fronte di molte Regioni che si sono dotate di piani "sdoppiati" in parte programmatica e parte operativa e di una Regione ritornata al piano unico "semplificato", ve ne sono alcune ancora dotate di PRG secondo il modello della Legge 1150/1042.

In allegato

Il dossier "Piani urbanistici: modelli a confronto" aggiornato all'8 novembre 2019

ANCE - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell'art. 65 della Legge n. 633/1941

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