Contratto di appalto: nullo in caso di difformità totale dell’immobile

Il contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di immobili è nullo solo nel caso in cui questi siano realizzati in totale difformità rispetto al titolo abilitativo. È quanto ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza del 18 luglio 2022, n. 22516.

I giudici, infatti, hanno affermato che è necessario distinguere tra:

  • difformità totale, che si verifica quando l’edificio realizzato è diverso per caratteristiche tipologiche e volumetriche; in tal caso l’immobile è come se fosse stato realizzato senza titolo, con conseguente nullità del contratto per illiceità dell’oggetto e violazione di norme imperative; è stato precisato, in altra pronuncia, che “l’abuso edilizio che dà luogo a nullità non è la variazione essenziale, bensì la totale difformità dell’opera rispetto a quanto previsto dai relativi titoli edilizi e in sanatoria” (Tribunale Grosseto, 28/01/2019, n.62);
  • difformità parziale, che ricorre quando la modifica riguarda parti non essenziali del progetto; in tale caso la nullità non sussiste. Essa presuppone – secondo la Corte d’Appello, Cagliari, 20/4/2022 n. 189 – che un determinato intervento costruttivo, “pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall’autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera” .

Come evidenziato poi dalla Corte di Cassazione, sez. II, n.4527 dell’11/02/2022, la nullità colpisce anche il contratto che abbia ad oggetto la costruzione di un immobile totalmente privo di titolo edilizio (ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c.).

Del pari, stante l’indubbio carattere di norme imperative – in quanto poste a tutela di beni di carattere primario quali il paesaggio e l’ambiente – delle norme dettate dal D.Lgs 42/2004, un contratto d’appalto, nella parte in cui con esso venga pattuita l’effettuazione delle opere di riduzione della superficie di bosco in assenza della necessaria autorizzazione amministrativa, è affetto da nullità parziale per illiceità dell’oggetto (Tribunale Savona sez. I, 26/01/2021, n.60).

Diverso è, invece, il caso di titolo abilitativo rilasciato dopo la stipula del contratto e persino dopo l’inizio dei lavori. Per la giurisprudenza questa fattispecie non è causa di nullità del contratto, a condizione che il titolo sia stato ottenuto prima della ultimazione dei lavori (Cassazione civile sez. VI, 07/05/2019, n.11883, Tribunale Potenza sez. I, 05/11/2021, n.1232).

Come visto in tutti i casi richiamati si configura, quindi, una violazione di norme imperative in materia urbanistica, con la conseguenza che tale nullità, una volta verificatasi, impedisce sin dall’origine al contratto di produrre effetti e ne impedisce anche la convalida ai sensi dell’art. 1423 c.c., con la conseguenza che l’appaltatore non può pretendere, il corrispettivo dovuto ovvero l’indennizzo per il recesso del committente. Naturalmente, il verificarsi di una simile situazione, non potrà che essere accertata attraverso un procedimento giudiziario dove verranno valutate eventuali corresponsabilità e valutate anche le richieste di risarcimento danni.

La giurisprudenza ha più volte chiarito come, al riguardo non rilevano, gli stati soggettivi delle parti, come la ignoranza del mancato rilascio del titolo edilizio, che non potrebbe ritenersi scusabile per la loro grave colpa, ben potendo i contraenti, con l’ordinaria diligenza, avere conoscenza della reale situazione, incombendo anche sul costruttore l’obbligo giuridico del rispetto della normativa urbanistica (Cassazione civile sez. II, 28/06/2019 n.17555).

A tal proposito preme ricordare che l’art. 29 D.P.R. 380/2001, ai fini della responsabilità amministrativa degli abusi edilizi, individua:

  • il titolare del permesso di costruire, il committente e il costruttore, come responsabili della conformità delle opere alla normativa urbanistica e alle previsioni di piano; questi sono tenuti al pagamento delle sanzioni pecuniarie e solidalmente alle spese per l’esecuzione in danno, in caso di demolizione di opere abusivamente realizzate, salvo che non dimostrino di non essere responsabili dell’abuso;
  • il direttore dei lavori, che è responsabile, insieme a questi, della conformità dell’opera al permesso di costruire e alle modalità esecutive stabilite nello stesso;

Al riguardo, la giurisprudenza ha affermato che: “L’art. 29 t.u.e. (…) prevede un meccanismo di responsabilità concorrente del titolare del permesso di costruire, del committente e anche del costruttore e del direttore dei lavori, per quanto concerne la conformità delle opere a quelle del permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo; sicché la presenza del direttore dei lavori non può certo valere ad elidere, in alcun modo, gli obblighi gravanti sulle altre figure qualificate previste dal citato art. 29 e, tra queste, l’amministratore della società costruttrice” (Cassazione penale sent. n. 43153/2017).