In tema di ritardo dell’amministrazione nell’emettere il provvedimento finale di VIA si segnala la sentenza del Consiglio di Stato n. 1239 del 25 marzo 2016 che si esprime in modo parzialmente diverso dal Tar Calabria, sentenza n. 122/2016. Infatti, mentre per il Tar Calabria i termini del procedimento di VIA sono “perentori” e il loro decorso, senza che l’amministrazione si sia pronunciata, configura una ipotesi di silenzio inadempimento illegittimo, per il Consiglio di Stato, trattandosi di termini “ordinatori” la loro inosservanza può dar luogo a responsabilità disciplinari, penali, contabili e risarcitorie per danni da ritardo solo in presenza dei relativi presupposti.
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Si legge così nella sentenza n. 1239/2016 che i termini del procedimento di VIA non sono da considerarsi perentori perché dalla loro inosservanza non deriva alcuna conseguenza sulla validità della procedura né alcuna decadenza per l’amministrazione di provvedere, benché tardivamente. Tuttavia, il semplice ritardo nell’emanazione di un atto amministrativo può diventare elemento sufficiente per configurare un danno ingiusto, con conseguente diritto al risarcimento del danno per la parte istante, allorché tale provvedimento finale abbia contenuto favorevole/positivo o comunque sussistano fondate ragioni per ottenerlo.
In sostanza, per altri versi si afferma il principio per cui il “mero” superamento del termine fissato per legge o per regolamento alla conclusione di un procedimento non integra una piena prova del danno subito dovendo verificare la presenza di altri presupposti.
Nel caso di specie, la P.A. responsabile di aver emanato tardivamente il provvedimento di VIA favorevole è stata condannata al risarcimento del danno per mancato guadagno dell’imprenditore richiedente che ha dovuto attendere 154 giorni in più per poter procedere all’ampliamento della propria attività economica. In tal caso è, infatti, stata pienamente dimostrata la prova del danno e il suo ammontare nonché sia ingiustizia dello stesso che la colpa del danneggiante.
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In Allegato: Consiglio di Stato sentenza n. 1239/2016