Entrato in vigore il 4 dicembre il Decreto n. 256 del 23 giugno 2022 che disciplina “i criteri ambientali minimi per l’affidamento del servizio di progettazione di interventi edilizi, per l’affidamento dei lavori per interventi edilizi e per l’affidamento congiunto di progettazione e lavori per interventi edilizi”. A partire da tale data quindi saranno abrogati i precedenti CAM edilizia contenuti nel D.M. 11 2017.
Nel merito dei contenuti si segnala che il decreto n. 256, come auspicato dall’Ance, contiene, principalmente regole progettuali ed ha come scopo principale quello di rivedere ed aggiornare i precedenti criteri in considerazione del progresso tecnologico e dell’evoluzione della normativa ambientale, al fine di migliorare i requisiti di qualità ambientale degli edifici pubblici.
Tra le principali novità si sottolinea innanzitutto la nuova articolazione del decreto che, rispetto al passato, distingue in modo più chiaro i criteri da adottare per l’affidamento, rispettivamente:
a) del servizio di progettazione di interventi edilizi;
b) dei lavori per interventi edilizi;
c) del servizio di progettazione e lavori per interventi edilizi, congiuntamente.
Altro elemento di grande novità è il richiamo, tra i criteri premianti, agli aspetti non finanziari o ESG (ambiente, sociale, governance, sicurezza, e “business ethics”), che devono essere “valutati secondo metriche orientate alla stima dei rischi di impatti avversi futuri e comunicati in accordo a standard europei di rapporti di sostenibilità”. Tale previsione, come è chiarito nelle premesse del provvedimento, persegue l’obiettivo di premiare gli operatori che implementano strategie sempre più allineate con il quadro normativo comunitario, concorrendo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
Si evidenzia altresì che, in linea con quanto auspicato dall’Ance, è stato spostato tra i criteri premianti il possesso di sistemi di gestione ambientale (Emas, Regolamento 1221/2009, o norma UNI EN ISO 14001); è stata quindi eliminata la previsione in base alla quale era obbligatorio il possesso di tali certificazioni ambientali.
Scompare anche il piano di gestione dei rifiuti, mentre viene ribadito che nei casi di ristrutturazione, manutenzione e demolizione, almeno il 70% in peso dei rifiuti non pericolosi generati in cantiere deve essere avviato a operazioni di preparazione per il riutilizzo, riciclaggio o altre operazioni di recupero. Rispetto al passato però viene chiarito che tali indicazioni dovranno essere previste nel progetto e, come per tutti gli altri criteri, illustrate nella Relazione CAM, predisposta sempre dal progettista.
È stata infine semplificata e snellita la disciplina sulla “materia riciclata o recuperata” ed i relativi adempimenti, così come anche quella relativa al consumo di suolo e alla permeabilità della superficie territoriale.
In allegato il decreto 256 del 23 giugno 2022
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 20 ottobre 2022, il decreto n. 152 del 27 settembre 2022, che stabilisce i criteri nel rispetto dei quali i rifiuti inerti derivanti dalle attività di costruzione e demolizione e gli altri rifiuti inerti di origine minerale, sottoposti a operazioni di recupero, cessano di essere qualificati come rifiuti, ai sensi dell’art. 184 ter, del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente).
Il decreto, composto da otto articoli e tre allegati tecnici, entrerà in vigore il 4 novembre 2022, ma per i successivi 6 mesi sarà sottoposto ad una fase di monitoraggio: lo stabilisce l’art. 7 in base al quale in questi centottanta giorni il ministero valuterà le modifiche da apportare ai criteri tecnici fissati, per tenere conto delle criticità applicative emerse. Per essere considerati “aggregati recuperati” i materiali devono infatti rispettare i parametri elencati nell’Allegato 1, che in molti casi rischiano di essere troppo stringenti e quindi di non consentire il recupero di importanti quantitativi di rifiuti inerti, vanificando la portata applicativa del decreto stesso.
L’obiettivo della norma, quindi, in linea con quanto auspicato dagli operatori del settore, è quello di assicurare una attenta valutazione degli impatti delle prescrizioni contenute nel decreto sul recupero dei rifiuti inerti, che rappresentano, tra l’altro, il flusso più importante di rifiuti speciali prodotti in Italia.
Per quanto riguarda l’adeguamento delle autorizzazioni al recupero, gli operatori avranno tempo fino al 3 maggio 2023 per presentare l’apposita istanza o comunicazione all’autorità competente e in questo periodo continueranno ad applicarsi le condizioni previste nelle autorizzazioni in essere.
In allegato il decreto n. 152 del 27 settembre 2022
Allegati
Decreto_27-09-22_n_152
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È stato firmato dal Ministro della Transizione Ecologica, lo scorso 15 luglio, il decreto che stabilisce i criteri specifici nel rispetto dei quali i rifiuti inerti, derivanti dalle attività di costruzione e di demolizione, e gli altri rifiuti inerti di origine minerale, sottoposti a operazioni di recupero, cessano di essere qualificati come rifiuti, ai sensi dell’articolo 184-ter del D.Lgs. 152/2006. Il provvedimento, dopo aver acquisito il parere del Consiglio di Stato e superato il vaglio della Commissione Europea, è quindi ora in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il decreto, composto da 8 articoli e 3 allegati, contiene la procedura per la produzione di aggregati riciclati dai rifiuti inerti, stabilendo innanzitutto i rifiuti interessati (tra i quali ad es. quelli corrispondenti ai seguenti Codici EER 170102, 170103, 170107, 170302, 170504, 170508, 170904), i criteri di conformità ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto, gli scopi specifici di utilizzabilità (es. sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali, recuperi ambientali, riempimenti e colmate, confezionamento di calcestruzzi e miscele legate con leganti idraulici), nonché gli obblighi documentali.
Il provvedimento prevede, inoltre, una fase di monitoraggio nei centottanta giorni successivi alla data di entrata in vigore, nell’ambito della quale sarà possibile la revisione dei criteri, stabiliti nel decreto stesso ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto, per tenere conto delle evidenze emerse. Si tratta di una novità rispetto a quanto previsto negli altri decreti “end of waste”, che consentirà quindi una verifica dei criteri e dei parametri fissati per questa tipologia di rifiuti, che rappresentano – vale la pena ricordarlo – il flusso più importante dei rifiuti speciali prodotti in Italia e in Europa.
Gli operatori avranno circa sei mesi di tempo per adeguarsi ai nuovi criteri e alle nuove disposizioni: i titolari di autorizzazioni – ai sensi dell’art. 216 o del Titolo III-bis della Parte II o del Titolo I, Capo IV, della Parte IV del D.Lgs. 152/2006 – dovranno presentare, rispettivamente, un aggiornamento della comunicazione o un’istanza di adeguamento, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del decreto medesimo.
Si segnala, infine, che durante questo periodo di adeguamento/aggiornamento, i nuovi criteri non si applicheranno ai materiali già prodotti alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, nonché a quelli che risultano in esito alle procedure di recupero già autorizzate. Tali materiali infatti potranno essere utilizzati in virtù di quanto previsto nelle precedenti autorizzazioni. Anche in questo caso si tratta di una novità rispetto a quanto previsto negli altri decreti “end of waste” sinora adottati.
Sono in vigore dal 16 luglio scorso le nuove disposizioni che modificano le norme contenute nel Dpr 380/2001 “Testo Unico Edilizia” (art. 3, comma 1, lettera d) e art. 10, comma 1, lettera c) in tema di classificazione degli interventi di demolizione e ricostruzione e di ripristino di edifici crollati o demoliti nell’ambito della ristrutturazione edilizia qualora riguardanti gli immobili soggetti a tutela ai sensi del D.lgs. 42/2004.
Grazie all’intensa azione di sensibilizzazione da parte dell’ANCE è ora possibile eseguire come ristrutturazione edilizia “pesante” (e non più come nuova costruzione) – previa presentazione del Permesso di costruire o della SCIA in alternativa al Permesso di costruire – gli interventi demo-ricostruttivi o di ripristino con diverse caratteristiche (sagoma, prospetti, sedime, volume ecc.) sugli immobili ricadenti nelle aree vincolate mediante decreto o piano paesaggistico regionale di cui all’art. 136, comma 1, lett. c) e d) del D.lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio” e cioè:
– i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici (lettera c);
– le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze (lettera d).
Le modifiche al Testo Unico Edilizia sono state introdotte dal comma 1-ter dell’articolo 14 del Decreto Legge 17 maggio 2022, n. 50, cd. “Decreto aiuti”, come inserito dalla legge di conversione 15 luglio 2022, n. 91 (G.U. n. 164 del 15 luglio 2022).
L’esclusione di queste tipologie di immobili si affianca a quella già prevista di recente dal Decreto Legge 17/2022, cd. “Decreto energia” per gli edifici ricadenti nelle aree soggette a vincolo paesaggistico per legge ai sensi dell’articolo 142 del D.lgs. 42/2004, cd. aree ex Galasso.
Si ricorda che le modifiche del DL 50/2022 e del DL 17/2022 intervengono a risolvere, seppure non in modo definitivo come auspicato e proposto dall’Ance, la questione sorta con il Decreto Legge 76/2020 che, modificando proprio gli artt. 3 e 10 del Dpr 380/2001, ha introdotto norme estremamente restrittive per gli interventi di demolizione e ricostruzione e di rispristino degli edifici crollati o demoliti qualora riguardanti immobili soggetti a tutela ai sensi del D.lgs. 42/2004 e quelli ubicati nei centri storici.
In particolare, a seguito del DL 76/2020, questi interventi rientrano nella ristrutturazione edilizia solo se “fedelissimi” e cioè senza alcuna modifica dei parametri edilizi (sagoma, sedime, prospetti, ecc.). Viceversa, in presenza di modifiche anche ad uno solo dei parametri, la demolizione e ricostruzione di questi immobili rientra nella “nuova costruzione”, con tutte le difficoltà connesse alla mancata previsione nei piani urbanistici di tale categoria di intervento, all’aggravio dell’onerosità e all’impossibilità di usufruire di numerosi incentivi fiscali attualmente previsti per l’efficientamento energetico e il miglioramento sismico.
In allegato
La Regione Sicilia si unisce alle Regioni che hanno dato seguito all’Intesa per l’adozione del regolamento edilizio tipo.
Con la Deliberazione del 20 aprile 2022, n. 223, la Regione, infatti, ha adottato il Regolamento Tipo Edilizio Unico, predisposto ai sensi dell’art. 2 della legge regionale 10 agosto 2016, n. 16.
Tale Regolamento è finalizzato ad uniformare, in tutto il territorio regionale, i vari regolamenti edilizi comunali, in modo tale che abbiano principi generali fondati su un insieme di definizioni uniformi, di procedure e modalità comuni ed omogenee di attuazione dell’attività edilizia.
La Regione ha specificato che resta salva in ogni caso la facoltà dei Comuni, entro 120 giorni dalla data di pubblicazione del decreto di approvazione del Regolamento stesso (DP 531/GAB del 20 maggio 2022, pubblicato in GURS Suppl. Ord. 3 giugno 2021, n. 26), di adottare eventuali integrazioni al fine di adattare il Regolamento Tipo alle specifiche caratteristiche locali.
Anche le Marche che aveva già, con la legge regionale del 3 maggio 2018, n. 8, recepito lo schema di regolamento edilizio tipo in attuazione dell’Intesa tra il Governo, le Regioni e i Comuni, raggiunta in sede di Conferenza unificata in data 20 ottobre 2016 ai sensi dell’art. 4 comma 1-sexies D.P.R. 380/2001, è intervenuta nuovamente adottando lo schema di Regolamento edilizio tipo con l’obiettivo di fornire ai Comuni un quadro di riferimento per la redazione di tale atto (Deliberazione della Giunta regionale del 12 luglio 2021, n. 873).
Risultano invece ancora assenti dal recepimento del Regolamento edilizio tipo l’Umbria e tra le Regioni a Statuto Speciale, il Friuli Venezia Giulia e la Valle D’Aosta.
La Sardegna, invece, con legge regionale dell’11 gennaio 2019, n. 1 (integrando l’articolo 5 della legge regionale n. 45 del 1989) ha previsto che la Regione approvi una direttiva sul Regolamento edilizio unico, contenente le definizioni tecniche uniformi e le altre disposizioni aventi incidenza sull'attività urbanistico-edilizia da uniformare a livello regionale. Allo stato attuale, tuttavia, tale direttiva non risulta emanata.
Si evidenzia inoltre che la Provincia Autonoma di Bolzano con la DGP n. 301 del 30 marzo 2021 ha approvato il regolamento edilizio tipo mentre Trento non ha ancora dato seguito all’Intesa del 2016.
Queste novità e tutti gli aggiornamenti sulle altre Regioni sono consultabili nel Dossier “Regolamento Edilizio Tipo”.
Allegato
Regolamento_edilizio___Dossier_aggiornato_-_giugno_2022