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Requisizione immobili: condizioni e modalità

Il Decreto Legge 18/2020 cd. “cura Italia”, fra le misure per fronteggiare l’emergenza sanitaria, ha previsto anche la requisizione in uso di strutture alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria o permanenza domiciliare. La requisizione potrà protrarsi fino al 31 luglio 2020 ovvero al diverso termine al quale sia ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza (art. 6, commi 7, 8 e 9).

La norma prevede in particolare che:

  • il Prefetto possa disporre, con proprio decreto, la requisizione in uso a fronte della corresponsione al proprietario di una somma di denaro a titolo di indennità, liquidata nello stesso decreto;
  • ai fini della stima, il Prefetto si avvalga dell’Agenzia delle Entrate, facendo riferimento al valore corrente di mercato dell’immobile requisito o di quello di immobili con caratteristiche analoghe, in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% di detto valore;
  • l’amministrazione, al termine dell’utilizzo, sia tenuta in ogni caso alla restituzione del bene immobile;
  • in caso di contestazione dell’indennità, anche in sede giurisdizionale, i provvedimenti di requisizione non saranno comunque sospesi.

La requisizione in uso di immobili è un strumento a carattere eccezionale a cui può fare ricorso lo Stato per far fronte a “gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili”, garantendo al proprietario una “giusta indennità” (art. 835 del codice civile).

A differenza dell’espropriazione che sottrae la proprietà degli immobili per consentire la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, la requisizione determina solo un privazione temporanea del bene che incide sul suo uso per un determinato periodo, più o meno lungo in base alla legge.

Oltre all’art. 835 del codice civile, la disciplina della requisizione è contenuta in leggi speciali, anche molto risalenti (es. leggi sullo stato unitario del 1865) e dalla giurisprudenza.

In allegato l’art. 6, commi 7, 8 e 9 del Decreto Legge 18/2020

Articolo 6 DL 18_2020

Contratto di Appalto tipo per lavori privati (marzo 2020)

E’ stato  aggiornato lo schema di Contratto di Appalto tipo ANCE per lavori privati.

In particolare la nuova versione è stata integrata con le indicazioni sul versamento delle ritenute negli appalti e modificata nella sezione relativa alla “Privacy”.

n. 2 allegati:

Contratto di Appalto-tipo per lavori privati (agg.to marzo 2020)

Contratto appalto lavori privati_26 marzo2020 docx

Adempimenti ambientali ed emergenza Covid-19: i chiarimenti dell’Albo

La proroga al 15 giugno 2020 dei certificati, attestati, permessi o autorizzazioni, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, prevista dall’art. 103 del decreto legge 18/2020 (cd. Cura Italia) vale anche per i procedimenti di iscrizione all’Albo Gestori Ambientali: lo ha chiarito il Comitato Nazionale con la circolare n. 4 del 23/03/2020.

Al riguardo, però, l’Albo ha precisato che tale proroga si applica esclusivamente ai procedimenti di iscrizione in corso o ancora da aprire e quindi non a quelli già conclusi o alle iscrizioni scadute nel periodo tra il 31 gennaio 2020 e il 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del d.l. 18/2020) per le quali non è stata presentata apposita domanda di rinnovo.

Si ricorda, inoltre, che il decreto legge “Cura Italia” ha anche prorogato al 30 giugno 2020:

  • la presentazione della dichiarazione annuale ambientale MUD di cui alla legge 70/1994, con riferimento ai rifiuti del 2019.   Si ricorda che sono esonerati dall’obbligo del MUD i produttori di rifiuti non pericolosi derivanti dalle attività di demolizione e costruzione, nonché le imprese che trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’art. 212, comma 8, del D.lgs. 152/2006.

  • Il versamento del contributo annuale che devono corrispondere le imprese iscritte all’Albo (es. imprese autorizzate per bonifica amianto, bonifica aree inquinate, imprese che trasportano i propri rifiuti ai sensi dell’art. 212 comma 8 del D.Lgs. 152/06).

In allegato:

Circolare Albo Gestori Ambientali n.4 del 23 marzo 2020

Distanze fra edifici: quando due pareti si fronteggiano

Ai fini dell'applicazione dell’art. 9 del DM 1444/1968 - che prevede la distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti - due fabbricati, per essere antistanti, non devono essere necessariamente paralleli, ma possono fronteggiarsi con andamento obliquo, purché “fra le facciate dei due edifici sussista almeno un segmento di esse tale che l'avanzamento di una o di entrambe le facciate porti al loro incontro, sia pure per quel limitato segmento”. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione in due recenti pronunce intervenute su controversie in materia di distanze fra costruzioni (ordinanza, sez. II, civile, 10/02/2020, n. 3043 e sentenza, sez. II, civile, 01/10/2019, n.24471).

La Cassazione ha sottolineato che si ha una situazione di “frontistanza” fra due edifici quando le rispettive facciate si fronteggino almeno per un segmento, cosicché, supponendo di farle avanzare, in modo lineare  e precisamente in linea ortogonale tra i diversi fronti, si incontrino almeno in quel segmento. Se tale possibilità di fronteggiamento non esiste, non si lede alcuna norma sulle distanze fra costruzioni (vedi in precedenza anche Cass. n. 24076 del 03/10/2018 e n. 5741 del 03/03/2008).

Di conseguenza:

- non danno luogo a pareti “antistanti” gli edifici posti ad angolo retto in modo da non avere parti tra loro contrapposte, né quelli in cui gli spigoli sono opposti e possono toccarsi se prolungati idealmente uno verso l'altro (Cass. n. 4639/1997).

- le distanze fra edifici non si misurano in modo radiale (o a raggio), come invece previsto in materia di vedute (art. 907 c.c.), ma in modo lineare (Cass. n. 9649/2016). Al riguardo si evidenzia che, contrariamente alla giurisprudenza, il Regolamento edilizio tipo adottato ai sensi dell’art. 4, comma 1-sexies del Dpr 380/2001 “Testo Unico Edilizia” ha fornito nell’Allegato A “Quadro delle definizioni uniformi” una definizione di distanza – “Lunghezza del segmento minimo che congiunge l’edificio con il confine di riferimento (di proprietà, stradale, tra edifici o costruzioni, tra i fronti, di zona o di ambito urbanistico, ecc.), in modo che ogni punto della sua sagoma rispetti la distanza prescritta” – che accoglie un criterio di calcolo di tipo radiale.

La Suprema Corte ha ricordato e confermato altri principi consolidati in tema di distanze e cioè che l'art. 9 del DM 1444/1968 è applicabile anche nel caso in cui una sola delle due pareti fronteggiantesi sia finestrata (Cass., S.U., n. 1486/1997; n. 1984/1999) e indipendentemente dalla circostanza che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell'edificio preesistente (Cass. n. 13547/2011), o che si trovi alla medesima altezza o a diversa altezza rispetto all'altro (Cass. n. 8383/1999).

In allegato le pronunce della Corte di Cassazione:

Caparra, acconto, cauzione, penale: guida all’uso

Al momento della conclusione di alcune tipologie contrattuali (es. compravendita immobiliare, locazione, appalto) spesso si assiste alla consegna, in genere ulteriore rispetto al corrispettivo dovuto, di una somma di denaro a favore di una delle parti. E’ quindi utile individuare a quale titolo la corresponsione possa avvenire in modo da conoscerne gli effetti giuridici che ne derivano.

Caparra confirmatoria, caparra penitenziale, acconto, deposito cauzionale e clausola penale sono strumenti contrattuali che, pur avendo apparentemente la medesima funzione di comportare la corresponsione di una somma di denaro a favore di una delle parti di un contratto, presentano alcuni elementi di differenza sia in termini di conseguenze giuridiche sia nella misura in cui dette somme possono essere versate.

Una GUIDA ANCE analizza le diverse clausole mettendo in luce le differenze e i principali utilizzi nella prassi contrattuale. In Allegato anche il FORMULARIO della clausola trattate nella Guida.

2 allegati

GUIDA
FORMULARIO

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