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Appalti pubblici: il punto sul subappalto

Si pubblica il primo dei dossier tematici che l’ANCE sta predisponendo sulle novità contenute nel nuovo “Codice dei contratti pubblici”, d.lgs. n. 50 del 2016, come modificato dal decreto correttivo, d.lgs. n. 50 del 2017.

 
Questo primo “vademecum” è incentrato sulla tematica del subappalto – disciplinato dall’art. 105 - che ha subito numerose modifiche rispetto alla disciplina precedentemente contenuta nell’art. 118 del d.lgs. N. 163/2006, e che rappresenta uno dei profili più complessi e innovativi del nuovo Codice.
 
Nel dossier sono presenti anche indicazioni operative pratiche per le imprese, utili nel caso di ricorso al subappalto.
 

Appalto privato: il preventivo vale come contratto?

Il contratto di appalto è, in linea di principio, un contratto a forma libera non essendo soggetto ad alcun vincolo di forma. Questo principio oltre a trovare conferma nel codice civile è stato avvalorato dalla giurisprudenza:
“La stipulazione del contratto di appalto non richiede quale requisito la forma scritta". (Cassazione civile, sez. II, 06/06/2003,  n. 9077)
“In tema di contratto di appalto, non essendo richiesta la forma scritta ex lege, ove questa non sia stata convenuta dai contraenti o da uno di essi richiesta, deve trovare normale applicazione il principio di libertà di forma nella manifestazione della volontà negoziale, dal quale discende che il valutare se l'accordo sia stato o meno raggiunto per consenso manifestato in forma orale o anche tacitamente, per facta concludentia (ad. es. mediante l’inizio dell’esecuzione della prestazione).” (Tribunale Bari, sez. IV, 22/06/2015,  n. 2815).
Il contratto d'appalto non è soggetto a rigore di forme e, pertanto, per la sua stipulazione non è richiesta la forma scritta, né ad substantiam, né ad probationem, potendo dunque essere concluso anche per facta concludentia.” (Cassazione civile, sez. I, 26/10/2009,  n. 22616)
Non essendoci requisiti di forma anche l’esecuzione di lavori edili privati (di qualsiasi tipo) può essere affidata, quindi senza la sottoscrizione di un contratto scritto oppure, come spesso accade, utilizzando e accettando semplicemente il preventivo dei lavori. Se ciò, come visto, è in linea teorica ritenuto giuridicamente ammissibile è, tuttavia, vero che la probabilità di un contenzioso tra le parti è potenzialmente più elevata. Questo deriva sia dalle naturali vicissitudini che possono interessare il rapporto contrattuale, anche per il sopraggiungere di eventi inattesi o comunque non regolati dall’inizio (eventi atmosferici eccezionali, varianti in corso d’opera, lavori extra contrattuali, ritardi ecc.), sia perché, anche in conseguenza di alcune norme civilistiche ovvero di altre discipline di settore (tra cui quella in materia di obblighi sulla sicurezza dei lavoratori), potrebbe essere necessario rispettare determinati requisiti di forma e contenuto. Basti solo pensare alla necessità di dover accertare il regime delle responsabilità delle diverse figure professionali che prendono parte all’appalto così come dello stesso committente. 
Fatto questo breve inquadramento si richiama quanto affermato dalla Corte di Cassazione, II sezione civile, nella sentenza n. 14006 del 6 giugno 2017 proprio in ordine ad una questione relativa alla necessità di accertare se un semplice “preventivo” di spesa, recante anche la firma del destinatario ma senza alcuna indicazione su: data inizio lavori, modalità di esecuzione lavori, mancata indicazione dei termini di pagamento, potesse configurarsi come contratto di appalto dando con ciò diritto all’impresa ricorrente al risarcimento danni per recesso unilaterale dal contratto (da parte del presunto committente) ai sensi dell’articolo 1671 c.c..
Al di là del nome letterale dato ad un “documento”, ai fini del suo inquadramento in una delle figure contrattuali tipiche, occorre accertare la volontà negoziale delle parti. Ciò, oltre ad essere una precisa regola di diritto ai sensi dell’art. 1362 c.c., ha evidenziato la Corte rigettando il ricorso, è stato il percorso logico giuridico correttamente seguito dal Giudice di pace e dal Tribunale. In tal caso l’analisi condotta dai giudici ha rilevato non solo la mancanza di una descrizione analitica di tempi e modalità dell’esecuzione dell’opera e di pagamento del corrispettivo ma altresì di espressioni idonee ad evidenziare, in modo univoco, il sorgere del rapporto contrattuale, ritenendo al riguardo irrilevante la mera sottoscrizione del preventivo da parte del committente non accompagnata da alcuna espressione da cui potesse desumersi l’assunzione di una vera e propria obbligazione.
Il caso affrontato nella sentenza della Corte porta a suggerire l’utilizzo in forma scritta del contratto per l’affidamento di lavori edili specie laddove questi hanno una certa consistenza non solo in termini economici ma anche per la durata del cantiere, la necessità di ricorrere al subappalto per alcune lavorazioni, l’opportunità di regolare gli stati di avanzamento e i termini di pagamento ecc.
A tal fine si ricorda che l’ANCE ha predisposto uno schema di Contratto di appalto tipo per lavori privati di cui, su richiesta, è disponibile anche una versione in lingua inglese.
 
Allegati:
 

INL circolare n. 3/2017benefici normativi e contributivi

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con l’allegata circolare n. 3/2017, fornisce alcuni chiarimenti in merito ai benefici normativi e contributivi di cui alla Legge Finanziaria 2007 (L. n. 296/2006 – art. 1, comma n. 1175).
 
Tale norma, infatti, ha subordinato il riconoscimento di detti benefici oltre che al rispetto degli obblighi di legge e dei contratti collettivi nazionali e territoriali di riferimento, anche al possesso da parte dell’impresa di un Durc regolare.
 
La circolare in oggetto chiarisce, pertanto, le conseguenze rispetto al godimento dei benefici normativi e contributivi che reca in sé il mancato possesso di un Durc regolare, piuttosto che l’inosservanza di leggi e contratti collettivi.
 
Con riferimento al Durc, l’Ispettorato chiarisce che l’assenza del documento determina il mancato godimento dei benefici per l’intera compagine aziendale, fintanto che non intervienga la regolarizzazione dell’impresa, salvo quanto previsto per le violazioni di cui all’art. 8 del decreto sul Durc (decreto 30 gennaio 2015).
 
Tale articolo, infatti, prevede che ai fini del godimento di benefici normativi e contributivi sono comunque ostative alla regolarità contributiva le violazioni di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro individuate nell'allegato A del decreto stesso, accertate con   provvedimenti   amministrativi   o   giurisdizionali definitivi.
 
In presenza delle suddette accertate violazioni, il godimento dei benefici normativi e contributivi sarà, pertanto, precluso all’intera compagine aziendale per l’intervallo di tempo indicato nell’allegato A stesso e, chiarisce l’INL, durante tale intervallo di tempo non sarà ovviamente possibile far valere il termini dei 15 giorni previsto dalla normativa sul Durc per la regolarizzazione da parte dell’impresa della propria situazione contributiva (cfr. art. 4 del Decreto sul Durc).
 
Con riguardo, invece, all’inosservanza degli obblighi di legge e degli accordi e contratti collettivi nazionali e territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, la stessa incide esclusivamente con riferimento al lavoratore cui gli stessi benefici si riferiscono e limitatamente alla durata pari al periodo in cui sia protratta la violazione (cfr. anche art. 6 D.L. n. 338/1989, commi 9 e 10).
 
Una diversa interpretazione, si legge nella circolare, improntata su una revoca totale dei benefici  in capo all’impresa nella sua totalità, determinerebbe un meccanismo  addirittura più gravoso di quanto previsto per le violazioni di cui all’allegato A del decreto sul Durc che, come precisato, inibiscono alla fruizione della totalità dei benefici in capo all’impresa.
 
 
 

ALT dell’ANAC alle concessionarie: entro il 18 aprile 2018 l’80 per cento degli appalti in gara

L’articolo 177 del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 50/2016), com’è noto, ha introdotto l’obbligo per i concessionari senza gara di affidare, mediante procedura ad evidenza pubblica, una quota pari all’80 per cento dei contratti di lavori, servizi o forniture relativi alle medesime concessioni, con possibilità, quindi, di eseguire direttamente, o tramite organismi in house o società controllate o collegate solo la restante quota del 20 per cento.

 
Tale disposizione, in attuazione dello specifico criterio di delega previsto dalla l. n. 11/2016 ( art. 1, comma 1, lett iii), ha modificato il previgente regime ( art. 253, comma 25, del D.lgs. 16372006), che prevedeva l’obbligo di affidare a terzi un quota di lavori pari al 60 per cento. 
 
In ragione di tale modifica, il terzo comma del citato art. 177 ha previsto un periodo transitorio di 24 mesi dall’entrata in vigore del Codice per l’adeguamento, da parte dei concessionari, al nuovo rapporto di equilibrio 80/20 dei piani economico-finanziari relativi alle concessioni in essere.
 
Ciò premesso, l’Ufficio legislativo del MIT, ha ritenuto opportuno chiedere all’ANAC un parere in merito alla decorrenza del limite temporale entro il quale i concessionari dovranno adeguarsi a tale nuovo regime, ritenendo – invero, in contrasto con il disposto normativo - che le disposizioni contenute nell’art. 177 fossero applicabile solo per il futuro, ossia per gli affidamenti di lavori, servizi e forniture successivi al 18 aprile 2018, termine di scadenza del periodo transitorio.
 
L’ANAC (con parere n. 0093307 del 19/07/2018), in linea con quanto da ANCE sostenuto, ha ritenuto tale interpretazione non condivisibile, poiché una tale interpretazione non terrebbe conto dello specifico regime transitorio contenuto dalla norma, introdotto dal legislatore proprio in considerazione della necessità di programmazione e revisione dei piani economico-finanziari che l’adeguamento alle nuove disposizioni impone.
 
Conseguentemente, ribadisce l’ANAC, tale periodo di adeguamento scadrà il 18 aprile 2018, con la conseguenza che entro tale data le concessionarie in esame dovranno adeguarsi alle nuove percentuali.

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