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Prime istruzioni operative per la comunicazione di infortuni superiori a 1 giorno

Come segnalato nei documenti del 2 ottobre e dell’11 ottobre dal titolo “obbligo di segnalare le assenze per infortuni superiori ad 1 giorno” è in vigore l’obbligo di trasmissione degli infortuni superiori ad 1 giorno (ed inferiori a 3 giorni) ai fini statistici ed informativi.
Le istruzioni operative per la trasmissione telematica sono state fornite dall’Inail con la circolare n.42/2017.
Dal 12 ottobre l’Inail ha reso disponibile un nuovo servizio telematico “Comunicazione di infortunio” quale esclusivo strumento volto a inviare, ai fini statistici ed informativi, la comunicazione di infortunio occorso ai lavoratori ed alle lavoratrici, subordinati ed autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati, secondo le informazioni e le istruzioni fornite nel manuale inserito nella sezione “Supporto-guide e manuali operativi”.
Qualora per eccezionali e comprovati problemi tecnici non fosse possibile l’inserimento on line delle comunicazioni di infortunio, dovrà essere utilizzata la posta elettronica certificata, allegando il modello disponibile nella sezione https://www.inail.it/cs/internet/atti-e-documenti/moduli-e-modelli/prevenzione.html.
Alla mail certificata va allegata anche la comunicazione di errore restituita dal sistema.
Qualora la prognosi inizialmente inferiore a 3 giorni, dovesse prolungarsi, sarà dovere del datore di lavoro inoltrare la “denuncia/comunicazione di infortunio” ai sensi dell’articolo 53 del DPR 30 giugno 1965, n.1124.
Il datore di lavoro potrà entrare nel menù dell’applicativo “Comunicazione di infortunio” e, accedendo alla funzione “Comunicazioni inviate”, ricercare la comunicazione inoltrata e utilizzare la funzione “Converti in denuncia” in corrispondenza della comunicazione da integrare con le informazioni necessarie all’invio della “Denuncia/comunicazione d’infortunio.
Il mancato rispetto dei termini previsti per l’invio della comunicazione d’infortunio di un solo giorno a fini statistici e informativi (48 ore), di cui all’art. 18 comma 1, lettera r), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, determina l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 548,00 a 1972,80 euro di cui all’articolo 55, comma 5, lettera h) del medesimo decreto legislativo.
Con riferimento agli infortuni superiori ai tre giorni, il suindicato articolo 55 prevede, altresì, al comma 5, lettera g), l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.096,00 a 4.932,00 euro13.
Nell’ipotesi di mancato rispetto dei termini previsti per l’invio della comunicazione d’infortunio di un solo giorno a fini statistici e informativi, di cui all’art. 18 comma 1, lettera r), o di omesso invio della stessa, competenti all’accertamento e alla irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria sopra richiamata sono gli Organi di vigilanza di cui all’art. 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, con particolare riferimento alle Aziende sanitarie locali competenti per territorio.
A tal fine l’Inail ricorda che verrà a breve implementato l’applicativo “Cruscotto infortuni”, nel quale confluiranno tutte le nuove comunicazioni di infortunio di un solo giorno, con l’evidenza per ciascun caso della data di ricezione del certificato medico e della data di inoltro all’Inail della comunicazione d’infortunio stessa (cfr. documento Ance “Accesso al “cruscotto infortuni” da parte del RLS e RLST” del 6/12/2016).
I datori di lavoro potranno accedere con le credenziali già in loro possesso, secondo le consuete modalità previste per l’invio della Denuncia/Comunicazione di Infortunio. In particolare il nuovo servizio “Comunicazione di infortunio” è collocato all’interno della macrosezione “Denuncia di infortunio e malattia professionale”:
Il lavoratore, in caso di infortunio, deve fornire al datore di lavoro i riferimenti del certificato medico, ovvero il numero identificativo, la data di rilascio e i giorni di prognosi indicati nel certificato stesso.
In tal modo potrà assolvere all’obbligo di dare immediata notizia al datore di lavoro di qualsiasi infortunio, anche di lieve entità.
Nel caso in cui il lavoratore non disponga del numero identificativo del certificato, dovrà fornire al datore di lavoro il certificato medico in forma cartacea.
L’Inail ricorda, inoltre, che dal 22 marzo 2016 tutti i datori di lavoro sono esonerati dall’obbligo di trasmettere all’Inail il certificato medico di infortunio o di malattia professionale.
La certificazione medica, infatti, è acquisita telematicamente dall’Istituto direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia e viene resa disponibile a tutti i datori di lavoro, e loro delegati e intermediari, attraverso il servizio online “Ricerca certificati medici” oppure tramite l’omonima funzione presente nella “Comunicazione di infortunio” online.
I datori di lavoro e i loro intermediari possono ricercare la certificazione medica trasmessa all’Inail tramite il codice fiscale del lavoratore, il numero identificativo del certificato medico, data di rilascio del certificato medico.
Le informazioni relative alla “Comunicazione di infortunio” saranno inoltre funzionali all’aggiornamento di prossimo rilascio dell’applicativo informatico “Cruscotto infortuni”, quale strumento utile a orientare l’azione ispettiva a seguito dell’abolizione dell’obbligo del datore di lavoro alla tenuta del registro infortuni ai sensi dell’art. 24, comma 4, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151.

Tramite il contact center o tramite il servizio “Inail risponde”, l’Istituto fornirà informazioni di carattere generale. 

1 allegato

circolare n 42 del 12 ottobre 2017

Rifiuti o sottoprodotti? Dalla Cassazione alcune indicazioni

Sono sottoprodotti quelle sostanze o quegli oggetti dei quali sin dall'inizio sia certa, e non eventuale, la destinazione al riutilizzo: è quanto ha affermato in una recente sentenza la Corte di Cassazione (sentenza n. 41607 del 13 settembre 2017).
 
In particolare, i giudici hanno evidenziato come “la mancanza di certezze iniziali sull'intenzione del produttore/detentore del rifiuto di «disfarsene» e l'eventualità di un suo riutilizzo legata a pure contingenze, impedisce in radice che esso possa essere qualificato come «sottoprodotto»”.
 
Ne deriva che – ad avviso della Corte - il deposito di rifiuti da demolizione in attesa di un loro eventuale, e quindi non certo, riutilizzo è di per se la prova dell’incertezza iniziale sul loro riutilizzo, prima ancora della loro produzione.
I giudici si sono poi soffermati sul reato di gestione illecita dei rifiuti di cui all’art. 256 del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente), sottolineando come si tratti di un illecito comune che può essere pertanto commesso da chiunque realizzi le condotte previste, ossia attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti non autorizzate. Come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, infatti, affinché si possa configurare tale reato ciò che rileva non è la qualifica soggettiva di chi lo commette, ma l’attività concreta posta in essere in assenza delle prescritte autorizzazioni (Sez. 3, n. 21925 del 14/05/2002; Sez. 3, n. 7462 del 15/01/2008; Sez. 3, n. 29077 del 04/06/2013; Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016).
 
 
In allegato la sentenza della Corte di Cassazione 41607 del 13 settembre 2017 (clicca qui)

Progettista e direttore lavori: quali responsabilità nell’appalto?

La responsabilità prevista dall’articolo 1669 del codice civile per rovina, vizi e gravi difetti che possono manifestarsi nei dieci anni successivi all’esecuzione dell’intervento edilizio sull’immobile o su alcune sue parti può riguardare anche coloro che abbiano collaborato nella costruzione, sia nella fase di progettazione o dei calcoli relativi alla statica dell’edificio che in quella di direzione dell’esecuzione dell’opera.
 
Secondo la giurisprudenza (v. in Allegato una selezione di pronunce giurisprudenziali di merito e di legittimità curata dall’Ance) la responsabilità prevista dall’articolo 1669 ha, quindi, un ambito di applicazione più ampio rispetto al tenore letterale della norma perché operante anche a carico del progettista, del direttore dei lavori e addirittura dello stesso committente che abbia provveduto alla costruzione dell’immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l’esecuzione dell’opera rendendo l’appaltatore un mero esecutore dei suoi ordini.
 
La responsabilità dell’appaltatore perciò potrebbe essere esclusa: quando si tratti di vizio non rilevabile secondo l’ordinaria diligenza; l’errore da cui originano la rovina o i gravi difetti sia stato segnalato al committente ma quest’ultimo abbia egualmente richiesto di eseguire l’opera; la rovina o i gravi difetti siano dovuti a caso fortuito; l’appaltatore non disponga, nella realizzazione dell’opera, di un’autonomia tale da consentire l’imputazione della responsabilità in via esclusiva.
 
In ogni caso, anche quando nell’esecuzione dell’opera siano intervenuti, a vario titolo, altri soggetti dovrà comunque verificarsi chi tra questi abbia mantenuto il potere di direttiva o di controllo sull’altrui operato.
 
Questo significa, ad esempio, che la semplice presenza di un progetto fornito dal committente ( e di un direttore lavori) di per sé non tolgono all’appaltatore la propria autonomia in ordine ad un vaglio critico del progetto stesso e delle istruzioni che gli vengono impartite dal committente. Per cui l’appaltatore deve ritenersi corresponsabile dei vizi del progetto solo se questi erano palesemente riconoscibili con la perizia e lo studio che si può pretendere da lui nel caso concreto.
 
In pratica, se un’opera commissionata presenta gravi difetti causati da un progetto errato, dei danni derivanti da tali gravi difetti può essere a chiamato a rispondere non solo l'appaltatore, ma anche il progettista, ai sensi dell'art. 1669 c.c. Più precisamente mentre il progettista risponde dell'errata progettazione  l'appaltatore  va incontro ad una duplice responsabilità: risponde sia nell'ipotesi in cui si sia accorto degli errori e non li abbia tempestivamente denunciati; sia nell'ipotesi in cui avrebbe dovuto accorgersene, ma non lo ha fatto. Ciò vuol dire che anche in presenza di un progetto, residua pur sempre un margine di autonomia per l’appaltatore, che gli impone di attenersi alle regole dell’arte e di assicurare alla controparte un risultato tecnico conforme alle esigenze, eliminando le cause oggettivamente suscettibili di inficiare la riuscita della realizzazione dell’opera.
 
Rientra pertanto tra gli obblighi di diligenza dell’appaltatore, senza necessità di una specifica pattuizione, esercitare il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall’esecuzione dell’opera, dipende il risultato promesso; e che l’obbligazione dell’appaltatore è di risultato.
 
E’ sempre, quindi, consigliabile inserire nel contratto di appalto specifiche e dettagliate previsioni sulla responsabilità dell’appaltatore in relazione a vizi e difetti derivanti dall’attuazione del progetto fornito dal committente.
 
Peraltro analoghe pattuizioni possono essere inserite anche con riferimento alla attività del direttore lavori laddove sia figura diversa dal progettista al fine di estenderne l’obbligo di controllo e limitare così l’eventuale responsabilità dell’appaltatore.
 
Il direttore lavori è colui che deve vigilare e garantire il risultato di una regolare realizzazione dell’opera. Non è richiesta la presenza continua e giornaliera sul cantiere ma egli deve verificare, attraverso visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa e con le ditte esecutrici delle varie fasi lavorative, che vengano rispettate le regole dell’arte e la corrispondenza tra il progettato e il realizzato.
 
Costituisce obbligazione del direttore dei lavori l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, e pertanto egli non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente.
 
La responsabilità del direttore lavori può anch’essa concorrere con quella dell’appaltatore il quale tuttavia, è bene ricordarlo, conserva la propria autonomia nonostante la presenza del direttore lavori. Peraltro, l’appaltatore ha il dovere di segnalare al direttore dei lavori gli eventuali inconvenienti e le complicazioni che sorgono in corso di esecuzione e che possano compromettere la regolarità dell’esecuzione stessa anche se non derivano da istruzioni del direttore. A maggior ragione può risultare opportuno che nel contrato di appalto siano definiti i limiti dell’incarico professionale conferito dal committente al direttore lavori ed in particolare la facoltà o meno di ordinare, ovvero autorizzare, variazioni dell’opera, di fissare termini ecc.
 
 

Interpello n. 2/2017 - Apprendistato e diritto di precedenza

Il Ministero del lavoro, con l’interpello n. 2/2017, in risposta a un duplice quesito della Confcommercio, ha fornito chiarimenti riguardo all’eventuale violazione del diritto di precedenza previsto dall’art. 24 del d.lgs. n. 81/2015, nelle assunzioni a tempo indeterminato di un lavoratore a tempo determinato.

I due quesiti attengono le seguenti fattispecie:

- la prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo formativo di un contratto di apprendistato stipulato con un lavoratore già in forza presso la stessa impresa;
- una nuova assunzione con contratto di apprendistato di un altro lavoratore.

Il Ministero precisa, in primo luogo, che il contratto di apprendistato, ai sensi del richiamato d.lgs. n. 81/15, è qualificato a tempo indeterminato fin dall’inizio e, pertanto, il consolidamento del rapporto al termine del periodo formativo non si configura come una nuova assunzione.

Non viene quindi a determinarsi la violazione del diritto di precedenza di un altro lavoratore a termine, in quanto rileva il momento dell’attivazione del contratto di apprendistato e non la successiva fase di naturale prosecuzione del rapporto.

In secondo luogo, viene anche chiarito, come già evidenziato con l’interpello n. 8/2007 e la circolare ministeriale n. 5/2013, che tale diritto non è violato neppure qualora il lavoratore a tempo determinato risulti già formato per la qualifica finale oggetto del contratto di apprendistato, stipulato successivamente.

1 allegato

Interpello-n-2-2017


 

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