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Terremoto Centro Italia: come rinnovare iscrizione all'Anagrafe antimafia degli esecutori

La Struttura di Missione Prevenzione e Contrasto Antimafia Sisma ha provveduto ad aggiungere alle istruzioni, presenti al link https://anagrafe.sisma2016.gov.it/domanda/help, la procedura per la richiesta del rinnovo dell’iscrizione all’Anagrafe Antimafia degli Esecutori.
In attesa di ulteriori implementazioni della piattaforma dedicata, le modalità per richiedere il rinnovo dell’iscrizione sono le stesse già adottate dagli operatori economici per la compilazione dell’istanza d’iscrizione. L’operatore economico dovrà solo aver cura di specificare, nel campo “NOTE”, che trattasi di richiesta di rinnovo dell’iscrizione previo aggiornamento delle verifiche antimafia.
Le istruzioni specificano che l’istanza di rinnovo, completa in tutte le sue parti, deve essere presentata almeno TRENTAgiorni prima della data di scadenza dell’iscrizione.
La Struttura sta comunque provvedendo a trasmettere all’operatore economico, in prossimità della scadenza, una “Comunicazione dell’interesse alla permanenza nell’“Anagrafe Antimafia degli Esecutori” istituita dall’art. 30, comma 6 del d.l. n. 189 del 2016 convertito in Legge n. 229 del 2016”.

Si ricorda che  l’iscrizione nell’Anagrafe, indispensabile per la partecipazione alle attività di ricostruzione del Centro Italia, ha validità temporale di dodici mesi decorrenti dalla data della definizione dell’istruttoria o dal più breve termine indicato nella comunicazione di avvenuta iscrizione nel caso in cui la società sia risultata iscritta in uno degli elenchi tenuti dalle Prefetture ai sensi dell’art. 1 comma 52 e seguenti della legge n. 190/2012 (c.d. White List) o censita nella Banca Dati Nazionale Antimafia. 

Appalti pubblici: nuove indicazioni sulle verifiche dei requisiti generali

Con il Comunicato dell’8 novembre 2017 il Presidente dell’ANAC è tornato a trattare il delicato argomento sulla definizione dell’ambito soggettivo dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016 e sullo svolgimento delle verifiche sulle dichiarazioni sostitutive rese dai concorrenti ai sensi del D.P.R. 445/2000 mediante utilizzo del modello di DGUE.
 
In particolare, quest’ultimo Comunicato che sostituisce quello del 26/10/2016, fornisce “a valle” del decreto correttivo al Codice dei contratti, d.lgs. 56/2017, chiarimenti sulla definizione dell’ambito soggettivo della norma citata nonché sulle modalità di verifica, in corso di gara, delle dichiarazioni sostitutive sull’assenza dei motivi di esclusione rese dai concorrenti.
 
1.       L’ambito soggettivo di applicazione della moralità professionale (art. 80, co. 1 e 3).
Il primo aspetto affrontato è quello dei soggetti da verificare, con riferimento ai seguenti sistemi di amministrazione e controllo delle società di capitali:
1)      sistema cd. “tradizionale” (disciplinato agli artt. 2380-bis e ss. c.c.), articolato su un “consiglio di amministrazione” e su un “collegio sindacale”;
2)      sistema cd. “dualistico”(disciplinato agli artt. 2409-octies e ss. c.c.) articolato sul “consiglio di gestione” e sul “consiglio di sorveglianza”;
3)      sistema cd. “monistico” fondato sulla presenza di un “consiglio di amministrazione” e di un “comitato per il controllo sulla gestione” costituito al suo interno (art. 2409-sexiesdecies, co. 1, c.c.).
 
Pertanto, l’assenza dei reati di cui all’art. 80, comma 1, del Codice deve essere verificata in capo:
1)      ai membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, nelle società con sistema di amministrazione tradizionale e monistico (Presidente del Consiglio di Amministrazione, Amministratore Unico, amministratori delegati anche se titolari di una delega limitata a determinate attività ma che per tali attività conferisca poteri di rappresentanza);
2)      ai membri del collegio sindacale nelle società con sistema di amministrazione tradizionale e ai membri del comitato per il controllo sulla gestione nelle società con sistema di amministrazione monistico;
3)      ai membri del consiglio di gestione e ai membri del consiglio di sorveglianza, nelle società con sistema di amministrazione dualistico.
 
Con riferimento all’aggiunto inciso «ivi compresi institori e procuratori generali pertanto, l’ANAC chiarisce che:
·         tra i «soggetti muniti di poteri di rappresentanza» rientrano i procuratori dotati di poteri così ampi e riferiti ad una pluralità di oggetti così che, per sommatoria, possono configurarsi omologhi se non di spessore superiore a quelli che lo statuto assegna agli amministratori;
·         tra i soggetti muniti di poteri di direzione rientrano, invece, indipendenti o i professionisti ai quali siano stati conferiti significativi poteri di direzione e gestione dell’impresa e tra i soggetti muniti di poteri di controllo il revisore contabile e l’Organismo di Vigilanza di cui all’art. 6 del D. Lgs. n. 231/2001 cui sia affidato il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati).
 
In caso di affidamento del controllo contabile a una società di revisione, non è invece prevista alcuna verifica sulla condotta dei membri degli organi sociali della società di revisione, trattandosi di soggetto giuridico distinto dall’operatore economico.
 
2.       Misure di prevenzione o di un tentativo di infiltrazione mafiosa (art. 80, comma 2)
Il correttivo con riferimento specifico alla «misura interdittiva» ha colmato la lacuna normativa originaria chiarendo che l’ambito soggettivo di applicazione delle misure interdittive è lo stesso individuato per l’applicazione del comma 1 dell’art. 80.
 
3.       Le modalità di dichiarazione
Come noto, il possesso dei requisiti di cui all’art. 80 deve essere dichiarato dal legale rappresentante dell’impresa concorrente, mediante utilizzo del modello di DGUE, con riferimento a tutti i soggetti di cui al comma 3 dell’art. 80.
 
Come specifica l’ANAC, lo stesso rappresentante legale indica altresì nel DGUE “i dati identificativi degli stessi oppure la banca dati ufficiale o il pubblico registro da cui i medesimi possono essere ricavati in modo aggiornato alla data di presentazione dell’offerta”.
 
Considerata la possibile applicazione delle sanzioni penali per mendacio, previste dall’articolo 76 del D.P.R. n. 445/2000, l’ANAC come già fatto nel precedente comunicato consiglia l’adozione di adeguate cautele volte a evitare il rischio di rendere, inconsapevolmente, dichiarazioni incomplete o non veritiere.
 
A tale scopo, i rappresentanti legali dei concorrenti, possono provvedere alla “preventiva acquisizione, indipendentemente da una specifica gara, delle autodichiarazioni sul possesso dei requisiti da parte di ciascuno dei soggetti individuati dalla norma, imponendo agli stessi l’onere di comunicare eventuali variazioni e prevedendone, comunque, una periodica rinnovazione”.
 
In questo modo, il rappresentante legale eviterà l’imputazione penale e l’interdizione ex art. 80, co. 5 lett. f-ter) g), non l’eventuale esclusione alla gara e la segnalazione all’ANAC/Osservatorio per l’esclusione stessa.
 
4.       La verifica delle dichiarazioni sull’assenza dei motivi di esclusione e sulla presenza delle condizioni di partecipazione
Ai sensi dell’art. 85, co. 5, del Codice e dell’art. 71 del D.P.R. 445/2000 (richiamato dal DGUE) il controllo è effettuato dalla stazione appaltante sul primo classificato da effettuarsi prima dell’aggiudicazione dell’appalto.
 
Nelle precedenti fasi della procedura, le stazioni appaltanti sono tenute a verificare la completezza e conformità a quanto prescritto dal bando dei requisiti generali e speciali, anche ai sensi dell’art. 83, comma 8, del Codice, sulla base delle autodichiarazioni presentate dai concorrenti.
 

Le stazioni appaltanti possono comunque procedere al controllo della veridicità e sostanza di tali autodichiarazioni sia “a campione” sia in tutti i casi in cui ciò si rendesse necessario, anche a seguito di dubbi sulla loro veridicità. 

1 allegato

Comunicato art. 80_8 nov 17

 

Nuove costruzioni: confermata la gratuità dei parcheggi pertinenziali

Tutti i parcheggi pertinenziali – sia quelli realizzati negli edifici esistenti ai sensi dell’art. 9 Legge 122/1989, sia quelli previsti nelle nuove costruzioni ai sensi dell’art. 41 sexies della Legge 1150/1942 – sono esenti dal contributo di costruzione in quanto espressamente individuati come opere di urbanizzazione dall’art. 11 della Legge 122/1989.
 
È quanto ha ribadito il TAR Emilia Romagna in una recente sentenza (sez. I, sede di Bologna, 20 novembre 2017, n. 751), aderendo ad un orientamento giurisprudenziale che si sta sempre più consolidando (vedi anche TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 13 luglio 2017, n. 545 e 9 ottobre 2014, n. 939; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 11 settembre 2017, n. 1087; Consiglio di Stato, sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6033 e 24 novembre 2016, n. 4937).
 
Il TAR, riprendendo le argomentazioni già fornite dal Consiglio di Stato, ha evidenziato che:
  • la legge 122/1989 all’art. 11 ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio;
  • i parcheggi pertinenziali in generale vanno qualificati come opere di urbanizzazione e quindi a tutti – e non solo a quelli previsti per la fruizione collettiva – è  attribuito un rilievo pubblico;
  • tale qualificazione e la conseguente gratuità vanno estese (art. 41 sexies, comma 1, Legge 1150/1942) anche ai parcheggi delle nuove costruzioni ad eccezione di quelli che superano la misura di legge pari a 1 mq di superficie a parcheggio ogni 10 mc di costruzione e perché non destinati ad un uso collettivo.
Il TAR quindi ha annullato il provvedimento con cui un comune aveva chiesto ad una società il pagamento della quota del contributo di costruzione riferita al costo di costruzione relativa alle superfici dei parcheggi pertinenziali da realizzare nell’ambito di un intervento di nuova costruzione.
 
Si ricorda che la legge 246/2005 ha eliminato per i parcheggi realizzati nelle nuove costruzioni l’obbligo del vincolo pertinenziale a favore dei proprietari delle relative unita immobiliari. Pertanto questi parcheggi possono essere ceduti autonomamente e separatamente dalle nuove unità immobiliari.
 
 

In allegato: La sentenza del TAR Emilia Romagna, Bologna, 751/2017( clicca qui)

ICI e aree fabbricabili – Ordinanza della Corte di Cassazione n. 27087/2017

Ai fini ICI l’area è considerata edificabile a partire dal momento in cui i lavori di costruzione, demolizione e ricostruzione sono stati avviati, indipendentemente da quando è stato rilasciato il relativo permesso di costruire.
 
Questo il principio espresso nell’ordinanza della Corte di Cassazione (V sez. civ.) n. 27087/2017, che si è pronunciata sulla questione relativa al pagamento dell’ICI dovuta su un’area oggetto di edificazione.
 
La questione prende le mosse da un avviso di accertamento con cui il Comune procedeva al recupero dell’ICI dovuta su un’area agricola, secondo le previsioni del P.R.G., per la quale era stato rilasciato il permesso di costruire case rurali nel dicembre 2001, ma i lavori edificatori erano stati avviati solo diversi anni dopo (ottobre 2007).
 
In particolare, il Comune fondava la pretesa tributaria sulla base del principio secondo cui “per area fabbricabile si intende l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi” ai sensi dell’art. 2, co. 1, lettera b, del Dlgs 504/1992.
 
A tal riguardo, il Comune richiedeva il pagamento dell’ICI sull’area, considerata edificabile, a partire dal momento in cui i permessi di costruire erano stati rilasciati. Diversamente, il contribuente riteneva di dover pagare solo a partire dal 2007, ovvero dal momento in cui i lavori erano stati effettivamente avviati.
 
La questione è stata risolta dalla Corte di Cassazione, in senso contrario alle sentenze di primo e secondo grado, a favore dell’impresa ricorrente, sulla base del principio secondo cui “è durante il periodo di effettiva utilizzazione edificatoria(per costruzione, per demolizione e ricostruzione, per esecuzione di lavori di recupero edilizio), che il suolo interessato deve essere considerato area fabbricabile, e ciò indipendentemente dal fatto che sia tale o meno in base ai vigenti strumenti urbanistici”.
 
In sostanza, con un orientamento favorevole e del tutto condivisibile, la Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini ICI, per individuare correttamente il valore imponibile dell’area in ragione della qualificazione come agricola o edificabile, occorre fare riferimento all’effettivo utilizzo da parte del contribuente, indipendentemente dalla definizione urbanistica.
 
Sul punto si ritiene che, anche se l’ordinanza è stata dettata in materia di ICI, alle medesime conclusioni dovrebbe pervenirsi in tema di IMU. Quest’ultima, infatti, entrata in vigore a partire dal 2011[1] in luogo dall’ICI è dovuta sulle aree qualificate edificabili dal P.R.G., incluse quelle costituenti il cd. “magazzino” delle imprese edili[2].
 
Tale disciplina configura, pertanto, una difformità rispetto all’esclusione dal prelievo IMU riconosciuta ai fabbricati costruiti o ristrutturati per la successiva vendita purché non locati, facenti parte anch’essi del “magazzino” delle imprese edili.
 
A tal riguardo, da tempo, l’ANCE propone l’esenzione dall’IMU anche per le aree fabbricabili comprese tra le rimanenze dell’attivo circolante delle imprese di costruzioni, evidenziando le complicazioni di una disciplina fiscale impositiva complessa e diversificata sui “beni merce” delle imprese edili e sostenendo la necessità di semplificare il macchinoso quadro normativo che, soprattutto nel corso degli ultimi anni, ha determinato una forte incertezza applicativa e maggiori costi fiscali per gli investimenti immobiliari.
 

[1] Cfr. DL 201/2011 convertito con modificazioni dalla Legge 214/2011.

[2] Si ricorda che questa posizione deriva dalla definizione stessa, ai fini di tutti i tributi, di area edificabile ai sensi dell’art. 36, co. 2, del DL 223/2006 (convertito con modificazioni dalla legge 248/2006) secondo cui “un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo”. 

1 allegato

Corte di Cassazione (V sez. civ.) n. 27087/2017

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