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Nominativo Subappaltatore:Adunanza Plenaria dice “No” all’obbligo di indicazione all’atto di offerta

Il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, con la sentenza del 2 novembre 2015, ha ritenuto non obbligatoria l'indicazione del nome del subappaltatore all'atto dell'offerta, neanche nei casi in cui, ai fini dell'esecuzione delle lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria, risulti indispensabile il loro subappalto ad un'impresa provvista delle relative qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi, impropriamente definita come "subappalto necessario").

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Ciò, in piena condivisione con le tesi sostenute da ANCE in sede di intervento ad adiuvandum davanti allo stesso consesso.

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In particolare, il giudice amministrativo ha ritenuto che tale obbligo non è previsto dalla normativa vigente. Infatti, l'articolo 118 del Codice dei Contratti Pubblici,- che si occupa di definire le modalità e le condizioni per il valido affidamento delle lavorazioni in subappalto - ha catalogato (articolandoli in quattro lettere) i requisiti di validità del subappalto, cosi circoscrivendo in maniera tassativa ed esaustiva, a quei presupposti (e solo a quelli) le condizioni di efficacia del subappalto.

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La Adunanza Plenaria ha altresì affrontato una seconda questione attinente ad un profilo di diritto intertemporale, relativo alla tematica degli oneri della sicurezza aziendale. Al riguardo, infatti, com'è noto, l'Adunanza Plenaria n. 3/2015 ha statuito nel senso dell'obbligatorietà di detta indicazione, non potendo il relativo accertamento rimettersi alla fase, successiva e solamente eventuale, della verifica di congruità dell'offerta economica.

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Sul punto, era stato rimesso all'Adunanza Plenaria il chiarimento in ordine al "regime" cui assoggettare le procedure antecedenti alla cennata pronuncia n. 3 dell'Adunanza Plenaria, e se per queste fosse possibile utilizzare l'istituto del soccorso istruttorio.

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Al riguardo, il giudice amministrativo ha statuito che non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell'Adunanza Plenaria n.3 del 2015.

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Si allega la sentenza in commento. Seguirà ulteriore commento.

Centrali di committenza - dal 1 novembre obbligatorie

Si ricorda che dal primo novembre entrerà in vigore la previsione che impone ai Comuni non capoluogo di provincia di acquisire lavori, beni e servizi in forma aggregata, mediante unioni di Comuni, accordi consortili, soggetti aggregatori o Province, ovvero ricorrendo, per beni e servizi, a Consip o ad un altro soggetto aggregatore di riferimento.
Contestualmente, l'ANAC non rilascerà il codice identificativo gara (CIG) ai Comuni non capoluogo di provincia che non ottempereranno a tale obbligo.

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Dopo le numerose proroghe disposte dal legislatore – l'ultima delle quali avvenuta con la la L. n. 107/2015, di "Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti", c.d. "Buona scuola" (cfr. news Ance n. 21901 del 10 settembre 2015) - entrerà, infatti, definitivamente in vigore il comma 3-bis dell'articolo 33 del Codice dei contratti, che contiene le previsioni sopra citate.

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Dal primo novembre, in particolare, solo i Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti saranno esonerati dall'obbligo di ricorrere alle centrali di committenza per l'affidamento di lavori (nonché beni e servizi) di importo inferiore a 40.000 euro (per i quali, si ricorda, l'articolo 125 del Codice dei contratti consente l'affidamento diretto da parte del RUP), mentre quelli di minori dimensioni saranno, come detto, obbligati a ricorre alle centrali di committenza anche per tali tipologie di affidamenti.

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In proposito, si fa presente che il disegno di legge sulla Stabilità 2016, del quale è appena iniziato l'esame al Senato, contiene una previsione che, qualora confermata all'esito dell'esame parlamentare, estenderà a tutti i Comuni la citata possibilità di procedere autonomamente agli affidamenti inferiori ai 40.000 euro.

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L'Ance informerà tempestivamente il sistema in merito alle eventuali novità relative alla questione in esame.

ANAC: senza soccorso istruttorio non c’è sanzione

La sanzione pecuniaria individuata negli atti di gara è comminata nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio; diversamente, in caso di mancata regolarizzazione degli elementi essenziali carenti, invece, la stazione appaltante procederà alla semplice esclusione del concorrente dalla gara.

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E' quanto ribadito in un recente parere, che conferma la posizione dell'A.N.AC., Autorità Nazionale Anticorruzione, sul pagamento della sanzione prevista dal nuovo "soccorso istruttorio", cosi come disciplinato dal comma 2-bis dell' art. 38 del Codice dei contratti pubblici (in vigore dal 25 giugno 2014 e introdotto dall'art. 39, DL 90/2014, il cd. "Decreto Sviluppo", convertito con integrazioni dalla L. 114/2014, in vigore dal 19 agosto 2014).

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Come noto, il nuovo soccorso istruttorio amplia l'applicazione del precedente istituto a fattispecie prima non contemplate; ciò, tuttavia, introducendo l'obbligo del pagamento di una sanzione a carico del concorrente che è incorso in una irregolarità essenziale delle dichiarazioni.

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La necessità dell'A.N.AC. di ritornare sul nuovo soccorso istruttorio, dopo la determinazione n. 1 dell'8 gennaio 2015 e i successivi comunicati del Presidente, muovono dalla richiesta avanzata dall'Autorità Portuale di Ancona, la quale ha chiesto di ottenere un parere sulla corretta applicazione della sanzione pecuniaria prevista dal bando di gara nel caso di presentazione di cauzione provvisoria deficitaria e successiva richiesta di regolarizzazione, a fronte della quale l'operatore economico decideva di accettare l'esclusione dalla gara senza avvalersi del soccorso istruttorio.

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Sul punto, l'ANAC rimane coerente con la posizione espressa sia nella determinazione n. 1 dell'8 gennaio 2015 sia nel Comunicato del Presidente del 25 marzo 2015, ribadendo che, "in caso di mancata regolarizzazione degli elementi essenziali carenti, la stazione appaltante procede all'esclusione del concorrente dalla gara. La sanzione individuata negli atti di gara sarà comminata solo nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio".

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Pertanto, laddove il concorrente non provveda alla regolarizzazione degli elementi essenziali carenti, la stazione appaltante procede all'esclusione del concorrente dalla gara. Di contro, la sanzione individuata negli atti di gara sarà comminata solo nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio.

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Nello stesso parere, è confermata la motivazione espressa nel citato Comunicato del Presidente, e cioè «la lettura fornita dall'Autorità si è imposta come doverosa sia per evitare eccessive ed immotivate vessazioni delle imprese sia in ossequio al principio di primazia del diritto comunitario, che impone di interpretare la normativa interna in modo conforme a quella comunitaria anche in corso di recepimento».

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Da notare che il parere è coerente con quanto affermato dall'ANAC poco più di un anno fa. Infatti, già prima dell'avvento del nuovo soccorso istruttorio, la stessa Autorità aveva osservato che l'offerta presentata senza la garanzia ovvero con una garanzia sprovvista degli elementi di cui all'art. 75, comma 4 del Codice, era da ritenere carente di un elemento essenziale e, per ciò stesso, non ammissibile (parere ANAC n. 94 del 7 maggio 2014 e determinazione AVCP n. 4/2012).

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Laddove, invece, la cauzione provvisoria fosse stata di importo deficitario, era possibile l'esercizio del soccorso istruttorio, volto a fare integrare la garanzia; ciò in coerenza con i principi generali che presiedono l'applicazione dell'art. 46, comma 1, del Codice dei contratti in tema di integrazione documentale, ammissibile solo ove non incida sulla parità di trattamento tra i concorrenti e, quindi, in ipotesi di evidente errore formale.

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Questa linea interpretativa è stata poi confermata nella citata determinazione n. 1/2015, laddove la stessa Autorità chiarisce che il nuovo comma 1-ter dell'art. 46 del Codice, sembra ammettere la sanatoria anche con riferimento ad ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità riferita alla cauzione provvisoria, a condizione che quest'ultima sia stata già costituita alla data di presentazione dell'offerta e rispetti la previsione di cui all'art. 75, comma 5 del Codice, vale a dire decorra da tale data.

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Diversamente, sarebbe alterata la parità di trattamento tra i concorrenti.

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Sotto questo aspetto, è stato, tuttavia, osservato dalla giurisprudenza favorevole ad una completa sanabilità della cauzione provvisoria che, qualora ciò fosse sempre ammesso, non potrebbe neppure parlarsi di una violazione del canone della par condicio dei concorrenti (TAR Roma, Sez. III, 10 giugno 2015 n. 8143).

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1 allegato

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parere.prec_.-155.2015-ANAC

I contributi unificati per proporre ricorso in materia di appalti non sono troppo elevati

La Corte di Giustizia, con la sentenza del 6 ottobre 2016, ha stabilito la conformità al diritto U.E. di una normativa nazionale che imponga il versamento di un contributo unificato, più elevato che in altre materie, all'atto di proposizione di un ricorso in materia di appalti pubblici dinanzi ai giudici amministrativi.

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Secondo la Corte, in particolare, gli Stati membri sono unicamente tenuti, ai sensi della direttiva 89/665/CE, ad adottare i provvedimenti necessari per garantire ricorsi efficaci e rapidi contro le decisioni delle autorità aggiudicatrici contrarie al diritto dell'Unione; non sussiste, quindi, alcuna disposizione attinente nello specifico ai tributi giudiziari da versare per proporre un ricorso amministrativo in materia di appalti pubblici.

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Pertanto, in assenza di una disciplina specifica dell'Unione in materia, spetta a ciascuno Stato, in forza del principio di autonomia processuale negli Stati Membri, stabilire le specifiche modalità della procedura amministrativa e giurisdizionale.

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Tali modalità, tuttavia, non devono essere meno favorevoli rispetto a quelle che riguardano ricorsi analoghi previsti per la tutela dei diritti derivanti dall'ordinamento interno (in ossequio al principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione (per rispetto del principio di effettività).

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Venendo quindi alle modalità di fissazione del contributo unificato praticate in Italia, le stesse non si porrebbero in contrasto con tali principi.

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In primo luogo, secondo la Corte, la fissazione di un contributo unificato per i ricorsi in materia di appalti più elevato che in altre materie non violerebbe il principio di equivalenza.
Tale principio implica, infatti, una parità di trattamento tra i ricorsi fondati su una violazione del diritto nazionale e quelli simili, fondati su una violazione del diritto dell'Unione, non richiedendo, quindi, la necessaria equivalenza delle norme nazionali applicabili ai contenziosi di diversa natura.

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Quanto invece al rispetto del principio di effettività, le regole che stabiliscono l'ammontare, molto elevato, dei contributi unificati non sono tali, a giudizio della Corte, da rendere eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione in materia di appalti pubblici.

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In particolare, secondo tali regole, l'ammontare del contributo unificato viene fissato in funzione del valore dell'appalto oggetto del procedimento principale; in tal modo non sembrerebbe riscontrabile una discriminazione tra gli operatori che esercitano nel medesimo settore di attività, atteso che, in ogni caso, le norme UE in materia di appalti pubblici richiedono, per la partecipazione alle gare, il possesso di una capacità finanziaria parametrata all'importo dell'appalto.

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Infine, la Corte si sofferma anche sulla necessità di versare il contributo unificato non solo all'atto del deposito del ricorso introduttivo del giudizio, ma anche per i ricorsi incidentali e i motivi aggiunti che introducono domande nuove nel corso del giudizio.

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In tali casi, tuttavia, in caso di contestazione sollevata da una parte interessata, il giudice sarà tenuto a dispensarla dall'obbligo di pagamento di tributi giudiziari cumulativi, laddove accerti che gli oggetti delle controversie non sono effettivamente distinti e non costituiscono un ampliamento considerevole dell'oggetto della controversia già pendente.

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1 allegato

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Sentenza del 6 ottobre 2015

AVCpass: Implementato con i dati del Ministero del Lavoro

Stipulata in data 25 settembre scorso, la Convezione tra l'ANAC ed il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, finalizzata ad acquisire nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici le informazioni sulle comunicazioni telematiche del "prospetto informativo disabili", effettuate dagli operatori economici.

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E', quanto, evidenziato dall'ANAC con la nota 29 settembre 2015, in cui la stessa sintetizza il contenuto della Convezione che ha lo scopo di consentire alle stazioni appaltanti di reperire, tramite il sistema AVCpass, le informazioni telematiche concernenti l'accertamento dell'inesistenza della causa di esclusione prevista dalla lettera l), art. 38, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, D.lgs. 163/2006.

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Come noto, la citata lettera dell'art. 38 prevede, tra i requisiti di carattere generale del concorrente alle gare di appalto, la necessità che questi presenti "la certificazione di cui all'art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, salvo il disposto del comma 2".

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La previsione, che ha un chiaro contenuto di ordine pubblico (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 24 gennaio 2007, n. 256), impone alle imprese concorrenti di presentare alle stazioni appaltanti la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili (cfr. circolare Ministero del lavoro n. 10/2003, in merito all'estensione anche a tale fattispecie della disciplina in materia di autocertificazione).

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Grazie alla suddetta Convenzione, le stazioni appaltanti, in sede di verifica del requisito, potranno, quindi, compiere i necessari accertamenti non più presso i servizi provinciali che esercitano le funzioni di collocamento, ma con l'accesso al sistema AVCpass.

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Mettendo in collegamento i dati informativi di A.N.AC. e Ministero, sarà pertanto molto più semplice e veloce la verifica delle suddette dichiarazioni.

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Tutto ciò, si ricorda, in ottemperanza dell'art. 6-bis del Codice, che impone alle stazioni appaltanti di reperire la documentazione comprovante il possesso dei requisiti per la partecipazione alle procedure disciplinate dallo stesso, esclusivamente attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (la cui interfaccia utente è l'AVCpass), istituita presso l'Autorità dall'articolo 62-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

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3 allegati

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Convenzione Anac-MinLav. 27-9-2015
Nomina resp Anac
Nomina resp MLPS

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